Pierluigi Pardo: «I social da media a sfogatoio, anche nello sport»

08/11/2019 di Enzo Boldi

I social sono un mezzo potentissimo, nato sotto quei migliori auspici che con il passare del tempo hanno mostrato il lato oscuro della loro luna. Il linguaggio imperante, spesso e volentieri, su queste piattaforme – nate per aiutare il dialogo – sta diventando sempre più violento, illogico e con punte di discriminazione e intolleranza che trovano facile sfogo da quella tastiera anonima. E non si parla solamente di ideali o di politica, ma anche di sport. Il tema è stato approfondito nel pomeriggio perugino della Festa della Rete con un convegno a cui hanno partecipato Pierluigi Pardo, Riccardo Cucchi e Serse Cosmi.

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«La rete è un qualcosa di meraviglioso perché è l’emblema della democrazia e consente di esprimere il proprio punto di vista e interagire con gli altri – ha detto Pierluigi Pardo, a margine del suo intervento sul palco della Festa della Rete, a Giornalettismo -. E vale anche per lo sport: una volta era impossibile avere un contatto simile con calciatori, presidenti e allenatori».

Pierluigi Pardo e gli haters della rete anche nello sport

Non è tutto oro quello che luccica. Il conduttore di Tiki Taka ha sottolineato come tutta il meraviglioso potere della rete abbia portato alla luce anche un altro lato della medaglia: «Certo in alcune situazione i social diventano uno sfogatoio in cui tutti dicono tutto, consci di conseguenze limitate». Come già spiegato dal palco di Perugia, Pierluigi Pardo ha raccontato di come durante Tutti Convocati su Radio24 non capiti quasi mai di ricevere le polemiche telefoniche, mentre i messaggi Whatsapp, che rimangono anonimi, spesso hanno ben altro tenore.

Ed è qui che entra in tackle il tema dell’anonimato già palesato da qualche politico nelle scorse settimane: «Io credo sia difficilmente praticabile la proposta di Marattin sulla carte d’identità per l’iscrizione ai social network – ha proseguito Pierluigi Pardo -. Ma di fronte a episodi gravi di minaccia o violenza verbale come quelli che vediamo nel nostro quotidiano si deve aprire una profonda riflessione su questo argomento».

Il caso Balotelli e le facili etichette

Nelle ultime settimane, poi, i social si sono resi anche megafono di quell’ormai famoso – e quasi atavico – caso Balotelli, con i cori discriminatori e gli ululati razzisti nei confronti dell’attaccante del Brescia nel corso del match del Bentegodi contro il Verona. «I razzisti e violenti devono essere allontanato dagli stadi, perché lo sport è altro – ha detto Pardo -. Ma attenzione: ci sono responsabilità personali e non è giusto etichettare un’intera tifoseria o un’intera città per quel che accade a causa di alcune persone. Bisogna isolare e punire chi si comporta male loro evitando generalizzazioni che lasciano il tempo che trovano».

Il vero fine dei social

Spazio anche per i consigli, in particolar modo rivolti ai più giovani, che affrontano quotidianamente la dura legge dei social: «Divertitevi, i social network sono una grande opportunità – ha spiegato Pierluigi Pardo a Gtt -. Occorre viverli con un altro spirito, contestualizzare quel che viene detto e non dare importanza a quella minoranza che li usa solo come sfogatoio».

(foto di copertina: da diretta Festa della Rete)

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