Cosa prevede il piano 2021-2027 per la digitalizzazione dell’istruzione in Europa?

Quando si parla di digitalizzazione della scuola l'Ue ha obiettivi precisi e fissati nel tempo che l'Italia e tutti gli altri paesi comunitari devono tenere ben presenti

02/01/2023 di Redazione

I soldi del PNRR – quei 35 milioni di euro da investire nella digitalizzazione della scuola – sono stati dati all’Italia nell’ambito di Next Generation EU, un programma dell’Unione europea che prevede un fondo di 750 miliardi di euro per la ripresa dell’Unione. Di questi, 191,5 miliardi sono dell’Italia (20 miliardi in sovvenzioni a fondo perduto e 121 miliardi in prestiti) e vanno investiti, tra le altre cose, per digitalizzare il mondo della scuola e dell’istruzione secondo un piano ben preciso che l’Europa ha tracciato per gli stati membri. Il fulcro del piano istruzione digitale UE messo in piedi a livello comunicatorio mette al centro un «adeguamento sostenibile ed efficace dei sistemi di istruzione e formazione degli Stati membri dell’UE all’era digitale».

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Cosa prevede il piano istruzione digitale UE

Il piano – come riporta la pagine dedicata al sito della Commissione europea – «offre una visione strategica a lungo termine per un’istruzione digitale europea di alta qualità, inclusiva e accessibile; affronta le sfide e le opportunità messe in luce dalla pandemia di COVID-19, che ha portato a un uso senza precedenti della tecnologia per l’istruzione e la formazione; mira a rafforzare la cooperazione a livello dell’UE in materia di istruzione digitale e sottolinea l’importanza di collaborare in tutti i settori per integrare l’istruzione nell’era digitale; presenta opportunità, tra cui una migliore qualità e una maggiore quantità dell’insegnamento relativo alle tecnologie digitali, il sostegno alla digitalizzazione dei metodi di insegnamento e delle pedagogie e la messa a disposizione delle infrastrutture necessarie per un apprendimento a distanza inclusivo e resiliente».

In particolar modo, i progressi devono riguardare non solo «infrastrutture, connettività e apparecchiature digitali» ma anche «insegnanti e personale coinvolto nell’istruzione e nella formazione che abbiano dimestichezza con le tecnologie digitali e siano competenti in materia» fino ad arrivare a «strumenti di facile utilizzo e piattaforme sicure che rispettino le regole della e-privacy e le norme etiche».

E l’Italia in tutto questo?

La posizione dell’Italia prende forma nel piano Scuola 4.0, la linea di investimento del Ministero dell’Istruzione. Tra i presupposti per un corretto sviluppo figura anche la «definizione di condizioni convenienti e sicure per la fruizione dei servizi e delle piattaforme on line». Al di là della creazione di SPID per minori, al ministero che si occupa della gestione delle scuole tocca «realizzare anche accordi con le piattaforme per definire prezzi che siano sostenibili dalle scuole italiane e per risolvere i problemi di non conformità delle norme di sicurezza vigenti in stati extra-europei con la normativa della UE».

L’obiettivo è quello di «creare un quadro di condizioni di effettiva fruibilità dei servizi digitali orientati alla scuola» come condizione imprescindibile per l’adesione al piano. L’Italia – come del resto tutti gli altri paesi dell’Unione – deve stare al passo con gli obiettivi fissati dall’Ue e adattare il suo percorso a un tracciato comune di minimi obiettivi e standard da garantire in tempi ben precisi.

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