Se la Polizia chiede di “accettare” l’informativa privacy per il passaporto online

Potrebbe sembrare una questione di lana caprina, ma fa parte dell'educazione digitale. Che dovrebbe partire proprio da settore pubblico

12/01/2024 di Enzo Boldi

«Le parole sono importanti», gridava Michele Apicella (interpretato da Nanni Moretti) nell’iconico film “Palombella Rossa”. Una citazione che ha fatto epoca e che spesso utilizziamo, anche nel gergo quotidiano, per sottolineare come dietro ogni termine ci sia un concetto ben preciso. Dunque, è importante utilizzare un vocabolario adeguato affinché non si cada in errori che possono portare a evidenti contraddizioni. Per quel che riguarda l’ambito di riferimento di Giornalettismo, la scelta giusta delle parole rientra all’interno dell’area dell’educazione digitale, ma questa “materia” spesso è sottovalutata. Anche dalla Pubblica Amministrazione. Come nel caso del sito per richiedere il passaporto online.

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Soprattutto quando si parla di privacy, è necessario indicare al pubblico le giuste procedure da seguire. Partendo dai diritti e passando per gli aspetti più tecnici. Ma cosa accade facendo accesso al portale per richiedere online il passaporto (in realtà serve per prendere un appuntamento in uno dei Commissariati di Polizia per la consegna della domanda, delle fotografie e la firma sulla richiesta ufficiale) in Italia? Succede quello che è riassunto in questo screenshot.

Dopo essersi collegati al portale dedicato e aver fatto il proprio accesso (in questo caso, con SPID), si apre la pagina in cui poter richiedere un appuntamento (quando disponibile, visto che il calendario è piuttosto saturo fin dall’inizio). Ma non si può realmente interfacciarsi con la piattaforma e con l’agenda, perché immediatamente si apre un pop-up che impedisce di procedere. Occorre, infatti, accettare i termini privacy. Ovvero, l’informativa privacy.

Il passaporto online e la richiesta sull’informativa privacy

Qualora non si spuntasse la casella di accettazione e si cliccasse su “rifiuta”, l’utente non potrebbe accedere alla piattaforma per la richiesta del passaporto online. Ma non è questa la questione. Il problema, e per questo è importante avere un’educazione digitale (anche all’interno delle Pubbliche Amministrazioni), il GDPR non parla di “accettazione dell’informativa privacy”. Questa, infatti, può essere (anzi, dovrebbe) essere ricevuta e consultata dall’utente che ha effettuato un’iscrizione. Ma, essendo un’informativa, non ha alcun senso chiedere di “accettare”. Al massimo, si può chiedere una conferma della “presa visione”.

Le parole sono importanti

Dunque, il titolare del trattamento ha l’obbligo di inviare all’utente iscritto l’informativa privacy. Quest’ultimo non deve accettarla, perché un’informativa non si accetta. Per definizione. Eppure tutto ciò arriva da un sito istituzionale, con il dominio della Polizia di Stato. Fin quando non saranno le Pubbliche Amministrazioni a procedere e comunicare con un vocabolario corretto, proprio per avviare un percorso di adeguamento e rafforzamento dell’educazione digitale degli italiani.

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