Che fine hanno fatto i partiti che avevano la parola «Italia» nel loro nome
18/09/2019 di Gianmichele Laino
Ben consapevoli che questo articolo ci permetterà di essere iscritti ufficialmente alla categoria ‘gufi’, prendiamo in considerazione il nome scelto per il suo nuovo partito da Matteo Renzi (l’idea definita ‘divertente’ di Italia Viva) per passare in rassegna la storia di tutti i movimenti o i gruppi politici che hanno utilizzato la parola ‘Italia’ nel loro nome. Ovviamente, da questa rassegna saranno esclusi tutti i partiti e i movimenti che hanno utilizzato l’aggettivo italiano o italiana, perché – sebbene altrettanto esplicito – non rende comunque la forte connotazione identitaria e patriottica dell’intento politico.
Partiti Italia, tutti quelli che hanno il nome della nazione
Attualmente, Italia Viva sarà il terzo partito dell’arco costituzionale a fregiarsi del nome della nazione all’interno del simbolo. Gli altri due, come è noto, sono Forza Italia e Fratelli d’Italia. Il primo partito fondato da Silvio Berlusconi ha avuto un passato roseo, anche se il nome ha avuto fortune alterne. La discesa in campo di Silvio Berlusconi avvenne proprio con Forza Italia. Quando però l’imprenditore rafforzò la sua leadership aveva già rinunciato alla sua bandiera, creando il soggetto comune Casa delle Libertà/Popolo delle Libertà con Gianfranco Fini e con Pierferdinando Casini. Il ritorno a Forza Italia c’è stato soltanto negli ultimi anni: e sebbene il brand fosse consolidato, i risultati non sono stati più quelli di una volta.
Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, invece, dopo i primi periodi di galleggiamento su soglie vicine agli sbarramenti, di poco superiori o di poco inferiori a seconda delle stagioni e delle elezioni, adesso è uno dei partiti italiani in crescita. In ogni modo non ha mai superato il 10% (non si è mai concretamente avvicinato a questa quota in verità) nelle elezioni nazionali a cui ha partecipato con il proprio simbolo.
Partiti Italia, da Italia dei Valori a Futuro e Libertà per l’Italia
Fatte salve queste due eccezioni, il resto dei partiti che nel loro nome avevano ‘Italia’ è una vera e propria Caporetto. Tornando indietro con la memoria, non si può non prendere in considerazione il partito fondato da Antonio Di Pietro, quell’Italia dei Valori che aveva avuto un’ottima affermazione alle elezioni politiche del 2008, quando si presentò in coalizione con il Partito Democratico in vista di una eventuale esperienza di governo. Ottenne un risultato superiore al 4% che, con la precedente legge elettorale, gli aveva assicurato 28 deputati (più 1 deputato eletto all’estero) e 14 senatori. Ma con il progressivo ritiro di Di Pietro dalle scene politiche, anche l’esperienza del partito si concluse, in un lento affievolimento, fino ai tentativi di cartelli elettorali con altri movimenti e alla scomparsa dai territori.
Un altro politico ha provato a usare il nome Italia di recente. Si tratta di Stefano Parisi, fondatore di Energie Per l’Italia. Vista l’adesione postuma di alcuni parlamentari nella passata legislatura, il partito vantava una rappresentanza nel gruppo misto, insieme ai Civici e innovatori. Ma il progetto di Energie per l’Italia, nato nel 2016, non è mai decollato.
L’esperienza di Alleanza per l’Italia e delle altre sigle minori
Ancora più indietro nel passato, siamo costretti a registrare un’altra esperienza fallimentare. Quella di Gianfranco Fini che, da delfino di Silvio Berlusconi, divenne suo nemico (uno di quelli contro cui il cavaliere si è accanito di più dal punto di vista politico). Dalla scissione del Popolo delle Libertà, nacque il movimento Futuro e libertà per l’Italia: tre anni di vita, dal 2011 al 2014. In mezzo, la scoppola elettorale nel 2013 (0,47%).
Futuro e Libertà per l’Italia provò un’alleanza (che è il caso di chiamare ‘italiana’) con un altro partito/movimento che aveva il nome della nazione nel simbolo. Si tratta di Api, sigla che sta per Alleanza per l’Italia. L’animatore di questo partito fu Francesco Rutelli, che si schierò con Bruno Tabacci alle primarie del Partito Democratico del 2012. Nessun risultato elettorale di rilievo, soltanto una delle tante fuoriuscite dal Pd. Alleanza per l’Italia formò prima un gruppo parlamentare con Futuro e libertà per l’Italia per poi appoggiare l’esperienza del Centro Democratico (sempre di Tabacci) che ottenne seggi alle politiche del 2013. L’anno successivo arrivò la chiusura anche per il partito di Rutelli.
L’ultimo che ha provato, in ordine di tempo, a tentare la strada della patria nel nome del partito è stato Raffaele Fitto. Direzione Italia è l’ennesimo esperimento di questo tipo: il risultato è stata l’elezione di un candidato nelle recenti politiche del 2018, inserito in un collegio uninominale blindato. Il futuro del movimento sembra essere quello di un’alleanza con Giorgia Meloni.
E poi che dire dei Popolari di Italia Domani, del Partito dei contadini d’Italia, di Realtà Italia? O ancora del movimento, mai diventato ufficialmente partito, Italia Futura fondata da Luca Cordero di Montezemolo? Ne avete un vago ricordo? Ecco, forse è perché nemmeno questi nomi hanno lasciato il segno. Diciamolo chiaramente: mettere ‘Italia’ nel nome di un partito non porta benissimo.