Il Paese in cui i medici rimproverano i politici per i selfie in terapia intensiva

È successo all'ex vicepresidente del Friuli Venezia Giulia Paolo Ciani

10/12/2020 di Gianmichele Laino

Un’Italia alla deriva, quella che sta attraversando la seconda ondata del coronavirus, divisa tra i cittadini che assistono praticamente attoniti a quanto sta accadendo e alcune persone che rivestono o hanno rivestito in passato incarichi istituzionali che cercano di utilizzare la ribalta dei social network a disposizione di tutti per mettere in evidenza situazioni personali, anche molto rischiose. È il caso di Paolo Ciani, ex vicepresidente del Friuli Venezia Giulia (e attuale consigliere comunale di Villa Santina) che sta documentando sui social network la sua odissea di paziente Covid.

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Paolo Ciani e il caso dei selfie in terapia intensiva

Ha mostrato le difficoltà del sistema sanitario regionale per trovargli un posto in terapia intensiva, nonostante ne avesse la necessità, e fin qui tutto bene. Ma il teatro dell’assurdo si è verificato quando il paziente, una volta ricoverato nella sezione dove sono collocati i pazienti più gravi affetti da coronavirus, ha iniziato a scattare selfie che venivano puntualmente pubblicati. 

Una azione inaccettabile da parte del primario del reparto di rianimazione dell’ospedale di Udine, Amato De Monte, che ha rimproverato l’ex vicepresidente e ha rilasciato alcune dichiarazioni pubbliche in cui ha giustificato la sua richiesta di fermarsi con l’utilizzo dei social network in terapia intensiva. Secondo il primario, infatti, il comportamento di Paolo Ciani stava scontentando tutti: sia gli operatori sanitari, che hanno sottolineato a più riprese come – nei loro confronti – sarebbero partite delle azioni disciplinari nel se fossero stati utilizzati device in reparto; sia i cittadini che, visitando la pagina social del politico, si chiedono se davvero una persona che interagisce in quel modo sui social network abbia davvero bisogno del letto in terapia intensiva.

Una situazione paradossale, a cui adesso si è posto un freno. Secondo il primario, inoltre, la richiesta di accedere alla terapia intensiva era stata in qualche modo rallentata dal fatto che diversi altri pazienti avevano più bisogno di Paolo Ciani di essere ricoverati in reparto. A riprova di ciò, il medico ha sottolineato come, al momento, il paziente non sia stato intubato, rispondendo bene alle cure con la ventilazione con maschera.

Il problema delle comunicazioni nei reparti Covid (per non parlare delle terapie intensive) è grave e diffuso: non sempre i pazienti riescono a dare proprie notizie all’esterno e i bollettini che il personale medico diffonde alle famiglie non sempre sono aggiornati e attendibili. Eppure, in questa situazione di evidente difficoltà – con un aspetto che non è stato abbastanza evidenziato dalla politica, nonostante le due ondate di epidemia che hanno colpito e stanno colpendo l’Italia – c’è chi pensa a scattarsi selfie e a pubblicarli sui social network.

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