Lo stato della Telemedicina in Italia: l’intervista a Deborah De Cesare dell’Osservatorio Sanità Digitale
Abbiamo parlato con la Ricercatrice Senior dell'Osservatorio che ci ha parlato degli effetti della pandemia sulla Sanità digitale e dei dati di utilizzo di sistemi (come la tele-visita) in Italia
19/01/2023 di Enzo Boldi
La pandemia COVID-19 ha accelerato il processo di digitalizzazione del Paese. Le istituzioni, infatti, si sono rese conto (anche se i sintomi erano evidenti già da anni) di come l’Italia fosse in uno stato quasi brado per quel che riguarda l’implementazione e la convergenza tra i cittadini e i più basilari servizi pubblici. Abbiamo visto l’evoluzione di sistemi legati alla Pubblica Amministrazione, fino allo sviluppo di applicazioni (ma anche portali online) per realizzare delle vere e proprie connessioni a distanza tra utenti e fornitori di servizi. Di pari passo, c’è stato un repentino passo in avanti per quel che riguarda la domanda (e l’offerta) di “prestazioni” mediche a distanza. L’incremento è stato tangibile e i dati dell’Osservatorio Sanità digitale del Politecnico di Milano lo confermano.
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In particolare, c’è stata una crescita di interesse molto forte nei confronti della Telemedicina con i cittadini, i pazienti e i professionisti del settore sanitario italiano che – soprattutto per motivi legati alla contingenza pandemica, le restrizioni per contenere la curva epidemiologica e i timori legati al virus (soprattutto prima dell’arrivo dei primi vaccini e l’inizio della campagna di immunizzazione) – hanno trovato una convergenza digitale, in particolar modo per quel che concerne modalità di interazione a distanza come quella prevista in una tele-visita. Tuttavia, le piattaforme utilizzate in questa prima fase emergenziale erano molto variegate e spesso non dedicate all’uso sanitario. Oltre a questo, vi era forte incertezza sui requisiti tecnici, organizzativi e sul quadro normativo in cui questi servizi andavano a collocarsi. Nel tentativo di uniformare un sistema presente, futuro e futuribile, all’interno del PNRR sono stati inseriti riforme e piani di investimento specifici sul tema della Telemedicina (ad esempio, l’investimento 1.2.3 della Componente C1 della Missione 6, da un miliardo di euro) per realizzare progetti (Regionali), una Piattaforma Nazionale e per far leva sui servizi di Telemedicina per migliorare l’assistenza territoriale e domiciliare.
Osservatorio Sanità digitale, l’intervista Deborah De Cesare
In attesa della concretizzazione di questo progetto – basato sui fondi europei del Next Generation EU – abbiamo provato a fare un punto sullo stato dell’arte della Telemedicina in Italia intervistando l’Ing. Deborah De Cesare, Ricercatrice Senior dell’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano. Dalle sue parole, abbiamo tratto molte informazioni fondamentali per comprendere qual è stato il punto di partenza dell’Italia e i possibili scenari del prossimi futuro: «Osserviamo l’evoluzione della Telemedicina nel nostro Paese dal 2014. La diffusione di queste soluzioni è stata pressoché nulla fino all’inizio della pandemia. Secondo i dati che abbiamo raccolto nel corso degli anni, prima del 2020 la percentuale di professionisti sanitari che utilizzava strumenti di Telemedicina era inferiore al 5% ». Poi, per esigenze legate alla diffusione mondiale del virus Sars-CoV-2 e delle sue varianti, è arrivato il picco di conoscenza su queste tematiche. L’interesse per un sistema già utilizzato in altri Paesi (seppur in modo più strutturato) è cresciuto per via dell’impossibilità di rispondere ai canoni tradizionali delle visite mediche.
«Dopo l’inizio dell’emergenza sanitaria l’utilizzo della Telemedicina, anche se spesso in modo poco strutturato e con strumenti non dedicati all’uso sanitario, che erano utilizzati nelle strutture per altri motivi (per esempio Zoom, ndr), è cresciuto in modo tangibile, soprattutto per rispondere ad esigenze specifiche di pazienti già in cura (ad esempio, continuare a seguire pazienti cronici in follow-up) – ha spiegato a Giornalettismo l’Ing. De Cesare -. Nell’esempio specifico della tele-visita (la visita a distanza attraverso strumenti digitali, ndr) prima della pandemia, circa il 13% dei medici specialisti coinvolti nella ricerca ne aveva fatto uso; durante il primo anno di emergenza sanitaria siamo arrivati al picco del 39%». Il trend di crescita si è fermato nel 2021 (secondo la Ricerca dell’Osservatorio effettuata nel 2022), ma è risultato comunque in netto aumento rispetto ai livelli pre-pandemia. E la spiegazione è piuttosto semplice: «Sempre prendendo come punto di riferimento la tele-visita, nel 2021 il dato di utilizzo è calato al 26%. Il motivo è il lento ritorno a una situazione di normalità, quindi il minore ricorso in situazioni emergenziali come quelle descritte in precedenza a questo tipo di strumenti. Ma questo non deve essere interpretato come un passo indietro per la Telemedicina e la Sanità Digitale nel nostro Paese, perché oltre ad esserci un interesse molto elevato per il futuro (lo dichiara il 58% dei medici specialisti intervistati lo scorso anno, per quanto riguarda la tele-visita) vi è una ricerca di strumenti e procedure più strutturata per sfruttare in modo efficace le opportunità offerte dagli strumenti digitali».
Il PNRR, la Telemedicina e la piattaforma
Dati che, dunque, confermano come il futuro – anche della Sanità – passerà dal digitale in tutte le sue forme (perché la Telemedicina è solo la punta dell’iceberg). E per uniformare questo sistema a livello nazionale, ecco che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede un investimento da un miliardo di euro esclusivamente per questo settore in fase di sviluppo: «I fondi del PNRR rappresentano delle opportunità sotto molti aspetti – ci ha detto l’Ing. Deborah De Cesare -. La Telemedicina, infatti, ha un ruolo preponderante all’interno delle misure e delle riforme previste dal PNRR per l’evoluzione della Sanità nel nostro Paese. A partire dall’infrastruttura digitale che andrà a sopperire quella frammentazione evidenziata nel corso del picco dell’utilizzo di soluzioni per interagire a distanza». Si parla, infatti, di una piattaforma nazionale (basata sul principio della condivisione dei dati in cloud) che consentirà a medici professionisti e cittadini di interfacciarsi utilizzando dei sistemi di comunicazione specializzati, integrati anche con altri sistemi a livello centrale (es. il Fascicolo Sanitario Elettronico) e locale.
Niente più video su Zoom o video-chiamate utilizzando piattaforme nate per altri scopi e utilizzi. E il bando di appalto pubblicato da Agenas nell’ottobre dello scorso anno è il primo passo verso l’investimento (già stanziato) di quei 250 milioni di euro (che facevano parte del miliardo destinato alla Telemedicina). Da quel momento in poi, il sistema andrà a regime e risponderà alle esigenze sia di medici che dei pazienti (il cui interesse per soluzioni di questo tipo è cresciuto nel corso degli ultimi anni). Ma c’è un altro aspetto che va al di là di quei fondi da cui far partire il progetto: «Occorrerà uno sviluppo delle competenze per l’utilizzo corretto di queste soluzioni – ha sottolineato l’Ing. De Cesare -. Sia per quel che riguarda cittadini e pazienti, sia per quel che concerne i professionisti sanitari. La formazione per lo sviluppo di queste competenze, unito ad altri fattori come un’adeguata revisione organizzativa (es. definizione di ruoli dedicati, revisione dei processi, ecc.) per le strutture che porteranno avanti progettualità di Telemedicina, sarà fondamentale per favorire un utilizzo appropriato di questi strumenti». Con il ricorso dalla telemedicina, infatti, il “modus operandi” nella relazione tra professionista e paziente o tra diversi professionisti potrà cambiare e sarà importante che tutti gli attori siano preparati a questo cambiamento.