Il problema dell’omonimia: il caso dei dati sanitari di due pazienti in un centro medico

Questa disattenzione ha comportato una sanzione di 10mila euro per un centro medico: occorre stare molto attenti quando si tratta di dati sanitari, estremamente sensibili

27/07/2023 di Gianmichele Laino

A volte, quando ci si trova a gestire un quantitativo decisamente significativo di relazioni con le persone, la disattenzione è sempre dietro l’angolo. Tuttavia, la maggiore consapevolezza che si deve avere a proposito dei dati personali – specialmente quelli sensibili, come i dati di carattere sanitario – deve portare a ridurre a valori pari allo zero il margine d’errore. Altrimenti, succede quello che si è verificato con la piattaforma Medico2000 (raggiunta da un provvedimento del Garante della Privacy) o quello che è successo in una clinica medica, in un caso che è stato sempre attenzionato dall’autorità che tutela i dati personali degli italiani. In quest’ultimo caso, infatti, per una semplice coincidenza dovuta all’omonimia di due pazienti, la clinica ha trasmesso dei dati sanitari sensibili – a quanto pare in maniera ripetuta – a chi, in realtà, non aveva necessità di ricevere queste informazioni.

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Omonimia dati sanitari, quando può essere dannosa per la privacy dei pazienti

Immaginate di avere un nome abbastanza comune (magari accompagnato anche da un’età più o meno simile a quella della persona che porta il vostro stesso nome e che, per caso, si è rivolto alla stessa clinica medica). Immaginate di ricevere sul vostro cellulare dei promemoria per appuntamenti medici, inviati attraverso un SMS, che non riguardano voi, ma – appunto – il vostro omonimo. Immaginate di trovare una voce, nella dichiarazione dei redditi, legata a una prestazione sanitaria a cui non vi siete sottoposti. Insomma, qualcosa non deve essere andato per il verso giusto.

Il problema, però, è che quei dati non richiesti che – magari – avete ricevuto per sbaglio, soltanto per un caso di omonimia, sono indice della salute fisica del vostro omonimo, offrono dettagli sulla sua capacità di spesa e sul ricorso a determinate strutture sanitarie. Si tratta, apertamente, della comunicazione di quello che viene definito un «dato personale attinente alla salute fisica o mentale di una persona fisica, compresa la prestazione di servizi di assistenza sanitaria, che rivela informazioni relative allo stato di salute». E quando entrano in gioco dei dati particolarmente sensibili come quelli sanitari, ecco che è inevitabile il pronunciamento del Garante della Privacy.

L’autorità ha dunque accertato un trattamento di dati in violazione del principio di esattezza e di integrità e riservatezza dei dati e del GDPR, comminando una sanzione al centro medico (in quanto titolare del trattamento) dal valore di 10mila euro. Le informazioni sanitarie, infatti, non possono che essere comunicate esclusivamente all’interessato e il trasferimento di questi dati a persone terze può avvenire solo se ci sono dei presupposti giuridici. Non certo, quindi, se queste comunicazioni sono un semplice caso di omonimia.

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