Il percorso italiano è stato molto farraginoso. Sono serviti dei decreti con articoli ad hoc da inserire all’interno di leggi a più ampio respiro, poi sono arrivati passi indietro di fronte alle polemiche, infine è arrivato il via libera (con soglia azzerata) e il nuovo annunciato ritorno al passato senza sanzioni. Ma cosa accade con l’obbligo di accettare pagamenti con POS in Europa? Perché la lotta all’evasione fiscale non è una problematica solamente nostrana, eppure – come accade anche su un altro tema caldo (e strettamente correlato) come il “tetto ai contanti” – non vi è uniformità all’interno della UE.
LEGGI ANCHE > Anche Bankitalia boccia il limite di 60 euro per l’obbligo del pagamento con il POS
In Italia, l’evoluzione di una legge sull’obbligo – per gli esercenti – di accettare pagamenti elettronici è stata irta di ostacoli. Tutto nacque nel 2012 (sotto il governo Monti), ma la misura – con vari ritocchi segnati nel tempo – è arrivata alla sua versione attuale (anche se in fase di rimodulazione, come annunciato dal governo Meloni) con l’esecutivo guidato dall’ex Presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi: dallo scorso 30 giugno (anticipando di 6 mesi la scadenza, in linea con uno degli obiettivi del PNRR), tutti gli esercenti (non solo chi vende prodotti, ma anche chi offre servizi a pagamento) devono permettere al cliente di utilizzare anche i pagamenti elettronici (per qualsiasi cifra), altrimenti scatta una multa di 30 euro a cui si somma il 4% del valore di quella stessa transazione non concessa. In attesa di chiarire la decisione che prenderà il Parlamento che nei prossimi giorni dovrà presentare, discutere e votare gli emendamenti alla Legge di Bilancio 2023, proviamo a capire cosa accade fuori dai confini.
Perché l’obbligo POS in Europa non c’è. Probabilmente perché c’è meno esigenza di normare un qualcosa che è già entrato di diritto all’interno della quotidianità dei cittadini. Ma dall’Unione Europea sono stati forniti dei paletti per regolamentare cosa deve accadere con i pagamenti elettronici. Per esempio: «Le norme dell’UE sui pagamenti fanno sì che le imprese e i loro clienti possano effettuare e ricevere facilmente versamenti elettronici. Stabiliscono che per i pagamenti in euro all’interno dell’UE le banche devono addebitare la stessa commissione che applicano alle operazioni equivalenti a livello nazionale». Ma anche: «Le imprese non sono autorizzate ad addebitare alla loro clientela costi aggiuntivi per l’uso di una carta di credito o di debito. Ciò si applica a tutti gli acquisti effettuati con una carta (nei negozi e online) in tutta l’UE».
Paletti che, dunque, rispondono a esigenze comunitarie e che l’Italia ha provato a recepire con le varie norme che si sono susseguite nel corso degli anni. Ma un vero e proprio obbligo Pos in Europa non esiste. Ci sono, però, alcuni dati che ci spingono a capire il motivo, come quelli evidenziati dal rapporto Cashless 2022 di The European House-Ambrosetti. Il tutto sintetizzato in un grafico.
Questo grafico mostra il numero di transazioni pro-capite (quindi il totale suddiviso per numero di cittadini che vivono in un determinato Paese) effettuate con strumenti di pagamento elettronici. Il dato è relativo al 2020 (con paragone rispetto al 2019) e fa vedere come l’Italia sia al 25° posto su 27, con una media di 62. Mentre la media europea si attesta sulle 142. In testa ci sono i Paesi scandinavi, mentre in Bel Paese è in coda.