La Russia aggira il blocco a RT e Sputnik: ci sono 250 nuovi siti di disinformazione

L'analisi di News Guard ha messo in evidenza quanto questa tipologia di contenuto propagandistico sia diffuso, nonostante il monitoraggio delle istituzioni occidentali

09/08/2022 di Redazione

Avete presente il gran parlare che si è fatto nei primi mesi di guerra sul blocco della disinformazione russa presente in diversi siti diffusi in paesi europei? Russia Today e Sputnik erano le due entità che sono finite nel mirino delle istituzioni locali, ma anche dei social network e dei motori di ricerca: penalizzazioni, etichette che indicavano la fonte, declassamenti nel ranking di Google. Il tutto per combattere le fake news che arrivavano direttamente dal Cremlino in merito al conflitto in Ucraina. Adesso questo blocco, che sembrava essere severo e definitivo, sarebbe stato aggirato, grazie alla proliferazione di nuovi siti – insospettabili – che avrebbero accettato, negli ultimi tempi, di diffondere notizie targate Russia. L’analisi di questo nuovo fenomeno è stata portata avanti da NewsGuard, un progetto internazionale che punta a combattere la disinformazione sui media tradizionali e sui nuovi media.

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Nuovi siti di disinformazione russa, la carica dei 250

Ma che caratteristiche hanno questi nuovi siti? E come hanno fatto ad aggirare il blocco della disinformazione? Innanzitutto, la propaganda russa si è servita di account e profili diplomatici. Questi ultimi, pur avendo subito delle limitazioni dalle piattaforme social e dai motori di ricerca, restano comunque attivi e sono comunque visibili a gran parte degli utenti, soprattutto a fronte di una ricerca della fonte più attenta e più verticale.

Ci sono tuttavia anche siti che sembrano profili di associazioni e di organizzazioni: le lingue utilizzate sono tra le più disparate, con una prevalenza di notizie in lingua inglese, ma un buon numero di siti in tedesco, francese e italiano. Prima dell’invasione dell’Ucraina, molti di questi portali non avevano alcun legame con il Cremlino: successivamente e improvvisamente, tuttavia, questo legame è diventato esplicito. Il fatto che all’inizio questi siti non fossero collegati alla Russia ha evidentemente aiutato la proliferazione di queste notizie. Ma anche alcuni contenuti di Sputnik e di RT continuano a circolare, sotto insegne diverse. Insomma, il blocco imposto dai principali Big Tech sembra presentare più di una falla.

L’analisi di NewsGuard, tuttavia, è stata trasversale. La disinformazione non riguarda soltanto notizie filo-russe, ma anche bufale nate da schieramenti filo-ucraini (come la famosa storia del Ghost of Kyiv, una delle prime bufale di cui vi abbiamo parlato a inizio conflitto anche qui su Giornalettismo).

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