In un mondo sempre più digitale, perché si prosegue con le sperimentazioni sugli animali?

Il caso Neuralink ha riportato in auge un problema sempre in primo piano, ma spesso sottaciuto. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Michela Kuan, biologa e responsabile dell'area ricerca senza animali della LAV (Lega anti-vivisezione)

02/12/2022 di Enzo Boldi

Viviamo in un mondo in continua evoluzione. Dove il digitale ha assunto la forma del reale e il reale è diventato come quell’ecosistema narrato dal sociologo Zygmunt Bauman: quella modernità liquida in cui tutti prende la forma del contenitore. Di pari passo con questo sviluppo è cresciuta anche la ricerca scientifica e le sue applicazioni in ambito medico. Iniziative concrete e altre che, almeno per il momento, sembrano essere più annunci pubblicitari che soluzioni. Come nel caso del progetto Neuralink e di quel chip che, come annunciato da Elon Musk, sarà innestato – per la prima volta, come test – nel cervello dell’uomo per cercare di risolvere problemi motori di pazienti affetti da diverse patologie. Ma la genesi di questo progetto ha provocato, già in passato, moltissime polemiche. Anche dal punto di vista etico, visto che anche l’avveniristico piano Neuralink pone le sue basi sulla sperimentazione sugli animali.

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Perché oggi, solo oggi, la correlazione “Neuralink-sperimentazione animali” è venuto a galla? Per via dell’annuncio di Elon Musk. Altrimenti, ancora una volta, tutto il substrato su cui si è basata questa ricerca scientifica basata sul digitale applicato all’applicazione medica sarebbe rimasto argomento contestato da pochi. Per esempio, non creò scalpore nel febbraio di quest’anno, quando la Physicians Committee for Responsible Medicine (PCRM) – una no profit americana composta da oltre 17mila medici – depositò un’istanza contro l’azienda di cui Elon Musk è stato il fondatore (e principale investitore) per la morte di 15 esemplari di scimmia utilizzati nei test per realizzare questo chip che ora si vuole sperimentare anche sull’uomo. Quale fu la risposta dell’azienda di San Francisco: nessun abuso sugli animali, ma 8 scimmie sono state soppresse durante i test. Per quale motivo? La risposta a questa domanda non è mai arrivata.

Neuralink sperimentazione animali, le denunce

La questione tra scienza ed etica, dunque, era ben nota. Ancor prima degli ultimi annunci di Elon Musk. Per questo motivo abbiamo contattato la dottoressa Michela Kuan, biologa e responsabile dell’area ricerca senza animali della LAV, per conoscere la posizione della Lega Anti-Vivisezione su questo argomento di stretta attualità, anche se troppo spesso fuori dai radar: «Siamo chiaramente a favore del progresso scientifico e crediamo nello sviluppo di nuove tecnologie human-based. Purtroppo, il passaggio sull’animale è in atto e troppo spesso vengono vendute cure miracolose per successi sugli animali che illudono solamente chi ha una malattia e cadono puntualmente nel vuoto».

La posizione della LAV

Cadono nel vuoto. Questo è il punto di non ritorno della questione dello sfruttamento degli animali per le sperimentazioni scientifiche. Perché nel mondo perennemente connesso e sempre più digitale, moltissime specie animali vengono ancora utilizzate per testare prodotti (o altro) che, alla fine, non riescono neanche a raggiungere gli standard minimi di sicurezza per essere immessi nel mercato o, parlando di medicina, essere utilizzati per curare le patologie: «A tal proposito ricordiamo che l’indice di insuccesso della sperimentazione animale supera il 95% – spiega a Giornalettismo la dottoressa Michela Kuan -. Da quanto appreso dalla stampa, gli animali sarebbero in grado di muovere un mouse con la mente o digitare (non è specificato cosa) sulla tastiera. Un esito frutto di test invasivi e dolorosi con gravi risvolti etici che è fortemente lontano dai titoli di cronaca in cui, grazie a questo microchip, si potrebbe ridare la vista ai ciechi o la capacità di movimento a chi ha subito traumi al midollo spinale».

E il caso Neuralink è solo uno dei tanti. Perché altre sperimentazioni simili si registrano (e si sono registrate) anche in Italia: «Da anni LAV chiede la liberazione dei macachi di Parma coinvolti proprio in un esperimento alla vista che comporta lesioni al cervello, esperimenti in atto da anni e costati due milioni di euro di cui abbiamo più volte denunciato le irregolarità giuridiche – conclude la dottoressa Kuan ai microfoni di GTT -. Il contesto nazionale ed europeo normativo, scientifico e culturale chiedono di investire in ricerche animal-free e ricordiamo che la stragrande maggioranza dei cittadini europei è contraria alla vivisezione come dimostra la recente raccolta firme in merito che ha visto l’adesione di oltre 1 miliardo e 400.000 persone». Dunque, la domanda è sempre la stessa: è possibile che al giorno d’oggi (siamo a un passo dal 2023) il mondo si sia riuscito a evolvere senza mai trovare una soluzione all’uso e l’abuso di animali utilizzati come cavie? Mancano le possibilità o è più semplice e a basso costo?

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