Come la ‘ndrangheta è arrivata a mettere le mani sui fondi dell’emergenza Covid
14/07/2020 di Ilaria Roncone
Della possibilità di infiltrazioni mafiose e della malavita nella situazione Covid si parla già da mesi, con il Viminale che aveva già dato l’allarme ad aprile. Con l’emergenza in corso il rischio era che Mafia e affini ne approfittassero per fornire impropriamente e a scopo di usura liquidità alle aziende più in difficoltà. Oggi arriva la denuncia, grazie alle indagini della Dda di Milano – a carico di una persona che ha ottenuto contributi a fondo perduto e che stava provando a beneficiare di finanziamenti per le aziende facendo parte della ‘ndrangheta.
LEGGI ANCHE >>> Il Viminale lancia l’allarme sul rischio di infiltrazioni mafiose durante la ripresa delle aziende
Frode fiscale della ‘ndrangheta nel commercio di acciaio
Prestanome, fatture false e nessun ingrediente che manca all’appello della frode fiscale nel commercio dell’acciaio messa in atto dalla ‘ndrangheta e smascherata dall’antimafia di Milano. Il risultato è stato l’arresto di otto persone legate all’organizzazione mafiosa e il sequestro di 7,5 milioni di euro in totale. La polizia ha smascherato il tentativo di ottenere soldi illegalmente a opera delle cosche calabresi per via di un affiliato che ha ottenuto 45mila euro per tre società che hanno partecipato alla frode di contributi a fondo perduto dati tramite il decreto legge 34 del 19 maggio 2020 per l’emergenza Covid.
I clan coinvolti
Oltre che per i 45 mila euro – ottenuti – era stata anche fatta richiesta di finanziamenti a sostegno delle imprese dovute alla crisi da coronavirus. Le indagini hanno fatto emergere nomi di celebri clan: il Greco di San Marco Marchesano, in provincia di Crotone, e il clan Grande Aracri di Cutro – estremamente forte in Emilia-Romagna e coinvolto nel maxiprocesso Emilia -, con il quale il primo è affiliato. La truffa ai danni dello stato è stata fatta tramite diverse imprese, tutte gestiti dai mafiosi tramite prestanome. I fondi incassati attestando un volume d’affari non veritiero tramite fatture false sono stati oggetto di autoriciclaggio, con il denaro in parte trasferito in Inghilterra e in Bulgaria.
(Immagine copertina da Pixabay)