Musk (sì, proprio lui) dice che Google fa «interferenze elettorali» per danneggiare Trump

Il proprietario di X si è espresso in maniera molto dura nei confronti di BigG. Ma forse dimentica come il suo social network opera nei confronti della disinformazione

31/07/2024 di Gianmichele Laino

Facciamo una premessa doverosa. Ogni volta che si ha un sospetto rispetto a una possibile azione di un gigante del tech che vada a interferire con dei processi umani, è giusto ed è fondamentale denunciarla. Questo vale sia quando l’interferenza favorisce la sfera progressista, sia quando l’interferenza favorisce la sfera opposta. Per questo è corretto prendere seriamente le accuse che vengono fatte a Google – come abbiamo visto in un altro articolo del nostro monografico di oggi – sul fatto di aver in qualche modo allontanato dai risultati su Trump le ricerche che venivano fatte sul motore a proposito del candidato presidente Usa. Del resto, bisogna anche essere onesti intellettualmente: e quando si vede pontificare Elon Musk contro Google, la tentazione è quella di rispondere: ma da che pulpito viene la predica?

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Musk contro Google e l’attacco sferrato su X

Su X, social network di sua proprietà che spesso ha attirato critiche (soprattutto all’interno dei confini dell’Unione Europea) per la sua diffusione di disinformazione e per la sua carenza nella moderazione dei contenuti), Musk ha attaccato BigG.

Musk ha pubblicato lo screenshot che sta spopolando sui social (ovvero i suggerimenti quando sulla barra di ricerca di Google si inizia a scrivere president Donald), che mostra come di default vengano indicate le voci “president Donald Duck” o “president Donald Reagan”, molto lontane – in effetti – dal risultato che probabilmente l’utente si aspetta di trovare in questo preciso momento storico, visti anche i fatti di attualità (la campagna elettorale in corso) e, soprattutto, visto l’attentato subito dallo stesso Trump a Butler, in Pennsylvania.

Elon Musk, che è sempre pronto a dare addosso ai suoi competitor di Big Tech (più o meno diretti), non si è fatto sfuggire l’occasione per attaccare e per manifestare, ancora una volta, il suo endorsement politico al candidato repubblicano. Poco importa se il social network di sua proprietà ha dovuto affrontare le indagini della Commissione Europea per la potenziale violazione del Digital Services Act proprio per il suo modo di orientare i trend e di alterare la corretta informazione; poco importa se X è uscito dal tavolo di confronto – sempre promosso dalla Commissione UE – sulla lotta alla disinformazione sui social network, sbattendo la porta e, sostanzialmente, infischiandosene delle possibili conseguenze.

Musk ha concentrato l’attenzione del mondo sul problema di Google (che, lo ribadiamo, resta sempre un problema) e ha attirato commenti da parte di persone vicine alla sfera repubblicana che hanno avuto modo di porre all’attenzione (in una vetrina importante come quella di un thread con il seguitissimo Musk) alcune storture delle principali piattaforme digitali: come nel caso della candidata repubblicana in Missouri, Valentina Gomez, che ha accusato Wikipedia di aver rimosso la sua pagina. Ovviamente, le due cose sono molto diverse (Wikipedia non è un centro di raccolta universale: le sue voci sono verificate da un team di moderazione, che può intervenire anche arbitrariamente sul loro contenuto): ma, dopo la nube tossica alzata da Musk, tutto fa brodo.

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