Morire di “lavoro” a quasi 66 anni: perché la storia di Giuseppina è un simbolo
23/12/2019 di Daniele Tempera
C’è un’Italia invisibile ai media e alle televisioni, dove la vita assomiglia ancora (e sempre più) a una lotta per l’esistenza. Un Paese operaio, fatto di sudore e fatica dove, nel tempo della new economy e dei prodigi digitali, si muore ancora per lavoro, a qualsiasi età.
L’ultima orribile notizia di cronaca riguarda un’operaia in provincia di Piacenza. L’ incidente sarebbe avvenuto nel pomeriggio di sabato nella sede della Copap di Monticelli d’Ongina, un’azienda agroalimentare specializzata nella lavorazione dell’aglio bianco piacentino. La vittima si chiamava Giuseppina Marcinnò. Era originaria di Caltagirone, in Sicilia, ma risiedeva da anni nel piacentino. Stando alle prime ricostruzioni, la donna sarebbe scivolata accidentalmente mentre puliva un nastro mobile e sarebbe poi stata schiacciata e ferita mortalmente da una pressa.
Ma oltre la cronaca, di Giuseppina sappiamo anche qualcos’altro. Innanzitutto che aveva 65 anni e che ne avrebbe compiuti presto 66. Sappiamo che stava per andare in pensione, un iter diventato molto più lungo a causa della legge Fornero. Sappiamo che Giuseppina era molto amata dalle colleghe che la ribattezzavano affettuosamente “Pinuccia” e che lascia due figlie. Sappiamo che tutto questo è avvenuto, quasi per un tragico gioco del destino, prima del Natale e delle feste. Sappiamo che il fotogramma di “Pinuccia” sbiadirà presto in quello della tragica contabilità delle morti bianche che, nel Paese delle indignazioni traversali, indignano sempre meno. Quasi si trattasse di un prezzo necessario da pagare per un lavoro sempre più scarso e sempre meno sicuro e retribuito. Nel paese in cui la parola “sicurezza”, è diventata un mantra imprescindibile, con il quale giustificate ogni sorta di nefandezzza, la sicurezza sul lavoro è qualcosa che di fatto viene derubricato al passato.
Morti bianche: cosa raccontano i dati Inail
«Sotto una pressa che abbia tutti i requisiti non si può morire nemmeno per suicidio. Foto cellule e meccanismi di blocco automatici lo dovrebbero impedire. Se non succede vuol dire che i meccanismi di sicurezza o sono assenti o non sono attivi. Sì perché a volte essi vengono disattivati per far lavorare la pressa senza intoppi, anche se poi l’intoppo può essere il corpo di un essere umano. Ci sono precise norme da rispettare anche per gli interventi sui nastri trasportatori, che dovrebbero avvenire a nastro fermo. A meno che anche qui si sia deciso di non rispettare le norme per velocizzare la produzione. Deciderà la magistratura, come si dice sempre, ma io sono sicuro che le norme di sicurezza alla Copap di Piacenza non sono state rispettate, altrimenti Giuseppina sarebbe viva» tuona Giorgio Cremaschi, ex storico sindacalista Fiom e oggi portavoce nazionale di Potere al Popolo.
E i dati Inail sugli infortuni sul lavoro sono, del resto, freddi e implacabili. Solo entro il mese di ottobre si sono registrati in Italia 896 denunce di morti sul lavoro. Rispetto all’anno precedente, le morti sono 49 in meno, ma l’Inail non parla assolutamente di miglioramento o di trend in diminuzione. Specialmente se si guarda agli eventi drammatici che hanno funestato il 2018, come il crollo del Ponte Morandi, che hanno coinvolto più lavoratori: «Il raffronto appare poco significativo, se si considera che la metà dei 76 decessi in incidenti plurimi dei primi 10 mesi del 2018 è avvenuta nel solo mese di agosto, funestato soprattutto dai due incidenti stradali occorsi in Puglia, a Lesina e Foggia, in cui hanno perso la vita 16 braccianti, e dal crollo del ponte Morandi a Genova, con 15 casi mortali denunciati all’Inail. Nel mese di agosto di quest’anno, invece, non sono stati registrati eventi di uguale drammaticità» fanno sapere dall’Istituto Nazionale per l’Assicurazione degli infortuni sul Lavoro. Tradotto: la mortalità non è affatto in diminuzione, il caso di Giuseppina non è purtroppo isolato e in Italia si muore ancora (e troppo) di lavoro. Anche senza titoli di giornale o post di politici a caccia di facile consenso.