Il trolling sta mettendo a dura prova il giornalismo scientifico
I giornalisti scientifici hanno dichiarato di dover far fronte a minacce di molestie online senza avere alcun aiuto da parte delle loro redazioni
09/05/2022 di Martina Maria Mancassola
Molestie online ai giornalisti: qualche tempo fa vi abbiamo parlato del filtro «open source» di Google attivato contro le molestie ai giornalisti, a riprova del fatto che negli ultimi anni i giornalisti negli Stati Uniti – e anche all’estero – sono stati sempre più vittime di molestie via web. Google, dal canto suo, ha introdotto «Harassment Manager», un mezzo che aiuta giornalisti e attivisti a filtrare le molestie sui social più facilmente. Alla fine dell’anno scorso, i professori di giornalismo specializzati in giornalismo scientifico e violenza contro la stampa alla George Washington University, hanno iniziato a condurre una serie di interviste approfondite – nell’ambito di uno studio di ricerca -, dieci in totale, per scoprire come le molestie online stiano colpendo profondamente i giornalisti che trattano di scienza. Ciò che se ne evince è preoccupante: i giornalisti intervistati, sia che si occupino di politica che di scienza, hanno dichiarato di essere presi di mira da provocazioni online e messaggi di odio. A fronte di ciò, le redazioni di cui fanno parte fanno poco nulla, se non nulla, per tutelarli.
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Molestie online ai giornalisti: il problema diventa sempre più rilevante con la diffusione dei social network
Telefonate moleste dai lettori, messaggi terribili e accusatori tramite Twitter, Instagram e via e-mail, sono soltanto alcune delle minacce che i giornalisti hanno ricevuto nel tempo. Le professioniste donne, poi, sarebbero le più colpite. Una di loro ha dichiarato che: «Ad essere molto onesti, le molestie funzionano fino a un certo punto», aggiungendo di essere diventata meno propensa a trattare argomenti che secondo lei potrebbero attirare le ire degli accusatori online: «Nella misura in cui mi zittisce su Twitter e limita il numero di storie che voglio scrivere su questi argomenti, funziona». Ciò che più scoraggia i giornalisti presi di mira è la scarsissima considerazione, da parte dei loro lettori, dei dati scientifici e dei fatti. I giornalisti intervistati hanno affermato di essere stati molestati digitalmente da utenti che negano l’esistenza del Covid-19 o del cambiamento climatico, che semplicemente sostengono opinioni anti-scientifiche o credono nelle cospirazioni. Uno di loro ha raccontato di aver ricevuto messaggi in tono accusatorio del tipo che «sto solo spingendo la narrativa liberale. E che faccio parte della cospirazione sul cambiamento climatico». Le conseguenze negative sulla psiche dei professionisti non sono irrilevanti; sono gli stessi giornalisti a dichiarare di sentirsi insicuri e di aver preso in considerazione la possibilità di abbandonare la professione, mentre per coloro che rimangono, le molestie online potrebbero alterare modo e ritmo della loro produzione scritta.
Questi professionisti sono molto esposti sui social media, luogo virtuale in cui potrebbero non ricevere il sostegno formale della testata giornalistica cui appartengono, continuando ad essere vittime di accuse e molestie da parte degli utenti. Allo stesso tempo, i social media sono diventati un mezzo fondamentale per i giornalisti, perché permettono loro di divulgare le proprie opinioni professionali, nonché di coltivare la propria reputazione, reputazione che, così invece, potrebbe subire duri colpi da chi lancia accuse infondate, cerca di trasformare il consenso scientifico in questioni fasulle o denigra un giornalista per via del suo genere, etnia, religione, razza o altri aspetti dell’identità sociale. I datori di lavoro che cosa fanno per tutelare online i giornalisti? Poco nulla. La maggior parte di questi risulta, infatti, impreparata o disattenta, e le poche misure che vengono adottate – come quella di disabilitare i commenti sulle storie o eliminare le e-mail dei giornalisti dal loro sito Web – , non sarebbero sufficienti a fornire loro una reale e degna protezione: «Penso che molte testate giornalistiche in questo momento non sappiano come gestire questo tipo di molestie», ha dichiarato uno dei giornalisti intervistati. Alcune redazioni offrono una formazione generale sulla sicurezza digitale, ma nel concreto, poi, non forniscono misure serie per affrontare abusi e attacchi online. Ciò è ancora più complicato per i liberi professionisti e i giornalisti che lavorano sempre in smart-working, che non hanno nemmeno un contesto fisico e istituzionale, come la redazione, per poter discutere e trovare modi per respingere le molestie online.
Il problema è collettivo, non dei singoli giornalisti, e come tale va affrontato
Quello che sembra è che non solo si stia trascurando il fenomeno, ma anche che non lo si stia considerando un problema collettivo, ma individuale dei singoli giornalisti scientifici. Questo è un problema collettivo che necessita di avere soluzioni collettive, soprattutto considerando l’attuale clima di polarizzazione attorno alle questioni scientifiche. I dibattiti su mascherine, vaccini e restrizioni durante la pandemia di Covid-19 hanno messo in mostra come, purtroppo, la scienza non occupa uno spazio incontaminato al di sopra della politica. Sono le testate giornalistiche a dover gestire il problema delle molestie online nel giornalismo scientifico. Riconoscere la portata del problema e le sue conseguenze è sicuramente il primo passo, ma allo stesso tempo è necessario ascoltare i timori dei giornalisti e documentare gli attacchi via web. Si potrebbe pensare anche ad una collaborazione con le piattaforme social per introdurre misure a protezione dei giornalisti e per sviluppare e finanziare reti di supporto che possano assisterli nei casi di specie. Il problema è più grande di ciò che si pensa poiché è coinvolto il diritto di tutti alla verità, alla conoscenza, ed il diritto del pubblico alla conoscenza viene pregiudicato nel momento in cui i giornalisti evitano di trattare argomenti scientifici per paura di ritorsioni.