Musk ammette la netta riduzione della moderazione su X

Il DSA prevede che le grandi piattaforme pubblichino un report sulla trasparenza: quello che si evince dai documenti forniti da X è molto preoccupante per lo stato della disinformazione attraverso la piattaforma

30/10/2024 di Gianmichele Laino

Può darsi che non ci sia un rapporto di proporzionalità diretto. Ma se è vero che su X la disinformazione sta dilagando, con la piattaforma che ospita sempre di più (basti guardare ai report che vengono periodicamente forniti da realtà come NewsGuard) contenuti polarizzanti, che offrono una versione parziale dei fatti quando non propriamente scorretta, è altrettanto vero che i moderatori che operano affinché il linguaggio e i contenuti sul social network di proprietà di Elon Musk siano adatti al pubblico sono dimezzati. Il fatto che manchino moderatori su X è certificato dal terzo report sulla trasparenza che le grandi piattaforme devono fornire, in conformità con il DSA, il Digital Services Act entrato in vigore qualche mese fa.

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Che fine hanno fatto i moderatori su X?

I report parlano chiaro. Nel novembre 2023, i moderatori su X avevano raggiunto la cifra di 2510 persone. Un numero che non si può sicuramente definire adeguato rispetto ai milioni di utenti del social network, ma comunque interessante. Ad aprile 2024 (il periodo di tempo a cui il secondo report fa riferimento) questa parte dell’organico di Musk è scesa a 1726 persone. Al 30 settembre 2024 – e veniamo al terzo e ultimo report – il numero dei moderatori è addirittura arrivato a 1275. Ricordiamo brevemente cosa fanno i moderatori: analizzano grandi quantità di dati che vengono, comunque, precedentemente filtrati da un sistema di moderazione automatizzato. Si tratta dei casi più controversi, che la macchina – magari per ragioni semantiche o linguistiche – non riesce a inquadrare perfettamente e non riesce a determinarne il potenziale offensivo, fake o discriminatorio. Per questo dovrebbero intervenire moderatori che conoscono bene la lingua per evitare qui pro quo e – soprattutto – per dare il giusto peso alle segnalazioni del contenuto.

Il tema della lingua è molto importante: la stragrande maggioranza dei moderatori di Musk parla inglese, il che è comprensibile dal momento che si tratta dell’idioma più parlato al mondo. Ma cosa succede con i tweet scritti in altre lingue? Nell’ultimo periodo, alcuni madrelingua sono letteralmente scomparsi: X, ad esempio, non ha più moderatori in lingua araba, mentre gran parte delle altre parlate non viene moderata da madrelingua, ma da risorse che usano l’idioma in questione come seconda lingua. Inoltre, come è evidente, la moderazione è una cosa seria: richiede anche una certa competenza e conoscenza dei fenomeni digitali. Invece, la maggior parte dei moderatori ingaggiati da Musk ha meno di un anno di anzianità professionale. Roba da entry level, insomma.

Tutto questo, se si aggiunge al taglio dell’organico, risponde perfettamente alla strategia di Elon Musk che ha sempre puntato a un X più snello dal punto di vista del personale e che è sempre stato un po’ allergico alle prescrizioni dell’Unione Europea. E quello che lui ritiene inutile – com’è noto – viene sforbiciato. È la sorte destinata ai moderatori: andrà bene tutto questo alla Commissione Europea?

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