Migranti e sfruttamento: quei morti invisibili che Salvini non vede
29/03/2019 di Daniele Tempera
Una strage invisibile che avviene quotidianamente lontana dalle telecamere, dalle dirette social, dal clamore e dell’enfasi a cui i nostri governanti ci hanno abituato. Mentre il nostro ministro dell’Interno orchestra abili sceneggiate mediatiche contro l’ennesimo barcone di disperati in mezzo al Mediterraneo o mentre posta sui social la foto dell’ennesimo manicaretto, nelle campagne italiane si continua a morire. E si muore di lavoro, sfruttamento e fatica, come nell’ottocento o come in un libro di Steinbeck. L’ultima terribile denuncia arriva da una ONG italiana Medici con l’Africa Cuamm ed è pubblicata nientemeno che sul British Medical Journalism
Le cifre sono tremende: sono circa 1500 i braccianti morti in appena 6 anni nelle campagne italiane. Più che numeri da lavoro, sono numeri da battaglia. E tra loro figurano anche molti italiani, segno che il problema dello sfruttamento non può essere derubricato a una sterile contrapposizione tra migranti e connazionali, come spesso evocato.
Tra morti invisibili e competitività basata sullo sfruttamento
«Sono morti oscure, presto dimenticate e invisibili alle statistiche ufficiali» denunciano i medici. Storie oscure come quella di Giuseppina Spagnoletti, 39 anni, stroncata da un malore nelle campagne di Ginosa nel settembre del 2017 o i 12 braccianti stranieri stipati su un camion strapieno, morti lo scorso agosto o come le vittime dei roghi delle tante baraccopoli che circondano le aree “grigie” del Belpaese dove gli Ispettori del Lavoro, i sindacati e le telecamere spesso non arrivano.
Secondo stime non ufficiali, i migranti sottopagati (la paga giornaliera per ua giornata di lavoro è appena 12 euro) sarebbero circa 100mila. Molti di loro sono stipati in baraccopoli con condizioni igieniche da terzo mondo. Il loro “lavoro” permette ai pomodori italiani e ai nostri prodotti di viaggiare da New York a Shangai: ma il prezzo pagato, a livello di diritti umani è altissimo e dà adito allo sviluppo delle cosiddette “Agro-mafie”. Un’evidenza che, nonostante la legge sul caporalato approvata nel 2016, continua a produrre morti e sfruttamenti in tutto il Belpaese. E a quasi un anno di governo, al di là degli annunci a favore di telecamera e il culto esibito dell’onestà, il fenomeno sembra lontano, anche dall’essere arginato.