Michele Misseri: «Sono stato picchiato e abusato da piccolo. Io ho ucciso Sarah»

La lettera pubblicata nel libro sul delitto di Avetrana, scritto da Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni

20/08/2020 di Enzo Boldi

Sono passati dieci anni dal delitto di Avetrana. Il 26 agosto del 2010, Sarah Scazzi venne uccisa. Secondo le sentenze – arrivate fino alla Cassazione – a commettere l’omicidio della quindicenne sono state Sabrina Misseri e Cosima Serrano, cugina e zia della giovane. Per loro è scattata la condanna all’ergastolo. Ma c’è un uomo, Michele Misseri, che da anni ribadisce la propria responsabilità per quel brutale omicidio che, secondo i giudici, lo hanno visto protagonista solo dei reati di soppressione di cadavere e inquinamento delle prove.

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Ma lui, ancora una volta, ribadisce di esser stato l’esecutore materiale dell’omicidio della nipote in quella cantina della sua casa di Avetrana. E lo fa attraverso una lettera pubblicata nel libro ‘Sarah’, scritto da Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni ed edito da Fandango. Lì Michele Misseri racconta la sua storia, partendo dalle sue origini e da quel padre che lo vessava e picchiava. E non solo. Nel suo racconto emergono anche episodi di abusi ripetuti su di lui.

Michele Misseri racconta gli abusi subiti da piccolo

Riportiamo qui alcuni estratti di quella lettera di Michele Misseri, pubblicati da Huffington Post.

Mio padre era un padre padrone e beveva molto. Ma un bambino di soli cinque, sei anni come poteva fare a badare a cento-cinquanta pecore? Scappavano da tutte le parti, e io piangevo. E allora prendevo botte, tante botte, così tante botte che una sera, mentre stava per fare buio, scappai dalla fattoria verso casa.

Misseri ricorda come questo non accade solo una volta. Da piccolo, infatti, il padre lo costringeva a lavorare nelle masserie, riempiendolo di botte quando qualcosa non andava nel verso giusto. Accadde quando aveva cinque anni, ma anche quando divenne più grandicello. Fino all’agghiacciante racconto di qualche anno più tardi.

Quando ho compiuto quindici anni, mio padre mi mandò in un’altra masseria di nome Particella sempre ad Avetrana, dove mi facevano dormire dentro a un casolaio dove c’erano i formaggi in stagionatura. Non stavo per niente bene. Ho subito violenze di qualsiasi genere dal figlio del massaio.

La confessione su Sarah

Dopo questo lungo racconto, che non vuole essere una giustificazione per il suo comportamento, Michele Misseri torna ad accusare se stesso per l’omicidio della nipote.

Mia moglie non era quello che hanno fatto vedere in TV. Non era quella, Cosima, non era così nemmeno Sabrina. Non erano come hanno detto in televisione. Io so solo che ci sono due innocenti in carcere, che stanno piangendo lacrime d’innocenti. (…) Io ho ucciso Sarah Scazzi. L’unico colpevole sono io. Sono stato malconsigliato, e poi gli inquirenti non mi hanno più creduto. Ma non è come tutti pensano.

Ma le sentenze, ormai, vedono la moglie e la figlia condannate all’ergastolo per quell’omicidio. Lui, invece, condannato a otto anni per inquinamento di prove (relativo al telefono di Sarah) e soppressione di cadavere.

(foto di copertina: da Quarto Grado, Rete 4)

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