Giorgia Meloni rispolvera la storia delle opposizioni disposte a «dormire in Parlamento»
E dice che con i dpcm Giuseppe Conte pensa di essere come il Re Sole
23/10/2020 di Redazione
L’ultima volta – cioè quando in parlamento si discuteva sulle prime misure da prendere per fronteggiare l’ondata numero uno del coronavirus – non andò benissimo. Matteo Salvini, il 29 aprile, lanciò l’occupazione del parlamento per chiedere delle risposte a Giuseppe Conte sulle misure da prendere per contrastare la pandemia. Dopo poche ore, l’occupazione si concluse, diciamo pure con non troppi cambiamenti rispetto ai giorni precedenti alla protesta. Ora Giorgia Meloni in parlamento ci riprova e dice che le opposizioni sarebbero disposte persino a dormire la notte in aula pur di dare una mano per fronteggiare questa seconda ondata di coronavirus.
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Meloni in Parlamento, le proposte delle opposizioni
«Per mesi il parlamento ha lavorato molto meno di quanto potesse fare perché si è scelto di scavalcarlo – ha detto Giorgia Meloni -. Le opposizioni hanno sempre detto di essere disponibili a trascorrere il fine settimana in parlamento, a dormire in parlamento, per fornire l’aiuto necessario a fronteggiare questa pandemia. Invece, Conte ha un problema di confronto con il Parlamento e pensa di essere il re Sole, ma non è il re Sole».
Meloni in Parlamento, come si è comportata nei mesi scorsi
Tuttavia, Giorgia Meloni – che, lo ricordiamo, ha il 65% di assenze in parlamento (dati di Open Polis) – afferma che le opposizioni sarebbero state disponibili a recarsi in aula anche fuori dai normali giorni di attività, per avviare una dialettica efficace sulle misure da intraprendere contro il coronavirus. In passato non era stata molto d’accordo con l’occupazione di Matteo Salvini e aveva marcato una differenza importante su questo punto. Ora, torna nuovamente a rispolverare questo aspetto della questione quando si sta affacciando una seconda fase critica per quanto riguarda il contenimento del virus.
Il governo ha condiviso le misure prese per fronteggiare la pandemia con il parlamento e lo ha fatto anche nell’ultima settimana, quando ha evidenziato le prossime misure di contrasto inserite nei dpcm che fanno comunque riferimento a un decreto legge (approvato successivamente dalle due Camere) nel mese di marzo. Però dire che il governo si sottrae al comune dibattito democratico è un mantra che è stato utilizzato ogni volta che all’orizzonte c’erano nuove misure restrittive delle libertà personali dei cittadini. Evidentemente, almeno dal punto di vista della propaganda, questo slogan funziona.