La denuncia del rugbista italiano Maxime Mbandà: «Vittima di aggressione razzista»

Hanno fatto molto discutere, ieri, le parole che la calciatrice della Juventus donne Eni Aluko aveva scritto sul Guardian. L’atleta denunciava l’arretratezza dell’Italia su alcuni aspetti, compreso il razzismo in ambito sportivo e in altri contesti (ha fatto l’esempio dello sguardo sospettoso dei proprietari dei negozi quando la guardavano). Oggi è toccato al rugbista italiano Maxime Mbandà finire nell’occhio del ciclone.

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Maxime Mbandà, gli insulti razzisti a Parma

La terza linea della nazionale italiana di rugby e della squadra di Parma delle Zebre, franchigia che milita nel campionato internazionale del Pro14, ha scritto un lungo post sui social network in cui ha raccontato l’aggressione razzista subita nella serata di ieri proprio a Parma. «Sentirsi dire, da cittadino italiano e mulatto quale sono “VATTENE NEGRO DI MERDA, TORNATENE AL TUO PAESE” – ha scritto Mbandà sui social network -, mi ha letteralmente ferito, deluso, danneggiato moralmente e mi ha fatto riflettere tutta la notte. Solitamente cerco di farmi scivolare addosso tutte quelle frasi stupide che vengono passate come barzellette o frasi scherzose riguardante i NEGRI o comunque gli immigrati in generale, MA QUESTA VOLTA NO». 

Maxime Mbandà è uno dei pilastri della nazionale italiana di Rubgy a XV, nonostante nell’ultimo periodo – a causa di alcuni problemi fisici – abbia avuto qualche difficoltà di inserimento. Ciò non gli ha impedito di partecipare agli ultimi mondiali in Giappone, che si sono svolti lo scorso mese. La sua storia è stata raccontata sempre nel post di denuncia che ha scritto oggi: «Sono nato in Italia da una donna sannita di Pannarano, un paesino in provincia di Benevento e da un uomo congolese, venuto in questo Paese con una borsa di studio a 19 anni e diventato un Medico Chirurgo sapendo solo lui le difficoltà a cui sia andato in contro. Sarò sempre quel “NEGRO” che alcune persone ignoranti usano con quel tono dispregiativo e sarò sempre ITALIANO, che la gente lo voglia o no».

Mbandà si è augurato, alla fine, che la persona che lo ha aggredito e che gli ha rivolto quegli insulti possa leggere questo messaggio, in modo tale da «acculturarsi per evitare di rimanere nella deficienza, intesa come difetto di preparazione scolastica».

(Credits immagine di copertina: Facebook Maxime Mbandà)

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