La geografia italiana degli incubatori per aziende (certificati e non)

Da questa mappatura del territorio è evidente la clamorosa disparità tra le regioni: maggiore presenza a nord (soprattutto in Lombardia ed Emilia-Romagna), penuria al sud e nelle isole

20/06/2024 di Gianmichele Laino

Fatta l’Italia, bisognava fare gli incubatori di start-up italiani. Invece, specchio perfetto dei tempi, li abbiamo visti crescere in alcuni territori e non ci siamo preoccupati, al contrario, di quelli in cui le aziende innovative e giovani non avrebbero avuto le stesse possibilità delle loro omologhe del nord. C’è una questione meridionale anche quando parliamo di incubatori per start-up, oggetto del nostro monografico odierno, che – ricordiamo – sono quelle realtà che mettono a disposizione delle nuove aziende e dei nuovi imprenditori strumenti, luoghi di lavoro, know-how, attività di mentoring e network di conoscenze e di contatti per poter dare il la alla loro idea. Se ci basiamo sulle mappe a nostra disposizione, infatti, vediamo come la distribuzione sia ineguale e come gli incubatori – a prescindere che siano certificati o non certificati – trovano molto più spazio nelle regioni del nord Italia.

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Mappa incubatori per aziende: dove sono diffusi maggiormente in Italia

Secondo il report di Social Innovation Monitor, il team di ricercatori e accademici che analizzano il settore dell’innovazione connessa all’imprenditorialità, esistono 262 incubatori e acceleratori (vi abbiamo spiegato che i primi servono a far partire una nuova azienda, mentre i secondi servono a dare solidità a realtà imprenditoriali già avviate) in Italia che, allo stato attuale delle cose, impiegano 1953 lavoratori dipendenti. Come detto, non si fa differenza tra incubatori e acceleratori, né tra incubatori certificati e incubatori non certificati. Si tratta di una mappa che fa una fotografia del fenomeno piuttosto ampia.

Vediamo subito, tuttavia, che la distribuzione delle 262 strutture è decisamente ineguale: in Lombardia, ce ne sono 61, in Emilia-Romagna 32, in Piemonte 17, in Veneto 15, in Toscana 19. Sono numeri importanti, che agevolano (soprattuto in Lombardia) un rapporto one-to-one con le imprese che si rivolgono a queste realtà e che migliorano sicuramente l’efficienza del rapporto stesso. Man mano che si scende attraverso lo Stivale, però, il quadro cambia: se Campania e Puglia (rispettivamente 21 e 16) sono regioni che si attestano su un livello medio per presenza di incubatori e acceleratori, Molise (1), Basilicata (4), Calabria (3), Sicilia e Sardegna (6) dimostrano come al sud sia più complicato fare questo tipo di impresa.

Il quadro diventa ancor più problematico se facciamo riferimento ai soli incubatori certificati, che – come abbiamo visto – sono quelli più attrattivi, che riescono a catalizzare maggiormente i fondi pubblici e a distribuirli attraverso aziende e start-up che a essi si rivolgono. In Italia, gli incubatori certificati sono solo 63. Due regioni, Molise e Valle d’Aosta, non ne hanno nemmeno uno. Al contrario, la Lombardia continua ad avere la meglio in questa speciale classifica, con 11 incubatori certificati, seguita dalla Campania (8) e dal Lazio (6). Nel profondo sud, tuttavia, gli incubatori certificati scarseggiano: ce n’è solo uno in Basilicata e uno in Calabria, uno in Sicilia, solo tre in Puglia (che, a livello di incubatori/acceleratori in generale non era messa malissimo).

Come abbiamo avuto modo di vedere, non poter contare su un incubatore certificato sul territorio provoca problemi alle aziende che all’interno di quello stesso territorio vogliono operare. Per avere supporto, potrebbero essere costrette a rivolgersi a realtà presenti in altre regioni, che hanno poca conoscenza del tessuto di riferimento della realtà imprenditoriale e delle occasioni che quest’ultima potrebbe avere. Al contrario, concentrare troppe realtà imprenditoriali in un unico incubatore certificato potrebbe causare problemi qualitativi rispetto al supporto fornito: della serie, sovraffollamento di idee, mancanza di soluzioni.

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