Cosa succede quando si segnala alla polizia postale un manuale per pedofili

Abbiamo parlato con don Fortunato Di Noto, presidente della Onlus Meter, che si occupa di segnalare il materiale pedopornografico in rete alle autorità

17/06/2021 di Ilaria Roncone

Partiamo dal presupposto che la rete è positiva. Un luogo positivo dove succedono anche cose brutte, come nel mondo reale. E un luogo virtuale che il mondo reale lo influenza eccome, soprattutto in casi come questo. Oggi abbiamo intervistato don Fortunato Di Noto, presidente della Onlus Meter, che ha segnalato alla polizia postale la presenza online di un manuale che insegna come fare sesso con i bambini. Il contenuto – che ha tutti i connotati di un vero e proprio libro, dall’indice alla metodologia – è stato denunciato alla polizia neozelandese in primis, considerato che il server provider ha estensione di dominio nz, e per conoscenza a quella italiana.

Si tratta di ben centosettanta pagine di manuale pedofili scritte in spagnolo con uno scopo da brividi esplicitato in prima pagina: «Insegnare agli adulti come fare sesso con i bambini in modo sicuro e innocuo senza ferire bambino, utilizzando la psicologia e la pedagogia infantile avanzate e profondamente studiate».

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«Da quasi trent’anni l’associazione Meter – spiega don Fortunato ai microfoni di Giornalettismo – si occupa di fare monitoraggio con protocolli anche ufficiali e in collaborazione con le polizie postali dei vari paesi, a partire da quella italiana. Noi, come buoni cittadini sul web, monitoriamo la rete e non appena troviamo materiale pedopornografico sulle piattaforme segnaliamo il tutto alla polizia». Un reagire sul web, insomma, proprio come si reagirebbe nella vita reale se si vedesse un bambino vittima di abusi. «Siamo stati tra i primi nel mondo ad occuparci della questione, all’inizio non c’erano leggi o normative in merito. Negli ultimi diciotto anni abbiamo depositato presso la Polizia Postale Italiana 65 mila segnalazioni documentate».

Il manuale pedofili è un vero e proprio libro

«Nel caso specifico abbiamo monitorato una serie di chat che erano e che sono, ancora oggi, allocate in un grande server provider neozelandese individuando, tra il materiale pedopornografico, questi 161 iscritti che si scambiano anche questo libro. Si tratta di un vero e proprio manuale – ci racconta il presidente di Meter – tutto in lingua spagnola, 170 pagine molto dettagliata. C’è un indice, un modo di ragionare secondo loro, una grafica molto allettante con dei bambini. Non sono in pose erotiche ma il contenuto è molto chiaro fin dall’inizio. Sono loro stessi ad avvertire che in molti paesi scaricare quel libro comporta commettere un reato, quindi consigliano di scaricarlo e cancellarlo».

«Gli autori – che ovviamente non mettono riferimenti alla loro identità – si definiscono esperti e basano lo scritto su questa idea che, in fondo, il farebbe del bene ai bambini, che i bambini possono starci», chiarisce il don. Si parla proprio di «tecniche non invasive». «Abbiamo segnalato il contenuto e il link della chat alla polizia neozelandese che deve intervenire, si spera». Nel libro si parla anche di «appoggiare la causa della normalizzazione della pedofilia perché si tratterebbe di un orientamento. Siamo tutti liberi pensatori ma se facciamo passare che la pedofilia non è un atto offensivo nei confronti dei bambini e arriviamo a istigarla, come succede su fin troppi portali, il problema è evidente».

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Il vuoto normativo che ostacola la buona riuscita delle segnalazioni

«La normalizzazione della pedofilia è un problema che sta sotto gli occhi di tutti. Denunciamo sempre, tutti lo sanno e tutti lo leggono, però – alla fine – non si dice nulla. I contenuti rimangono lì nonostante tutto. Non c’è qualcuno che interviene. Noi non vogliamo fare la guerra a nessuno ma vogliamo proteggere i bambini. La domanda è: questo manuale pedofili, che comunque istiga a pratiche sessuali sui bambini, come si legge, non è un reato? Parliamo di decine di milioni di contenuti, oltre a questo libro. Chi si volta dall’altra parte non vede, di contenuti di questo tipo ce ne sono un’infinità e di diverse tipologie. Possibile che non possiamo reagire in maniera degna? ». Qui si apre una grande parentesi, quella del vuoto normativo presente in questo ambito sia quando si tratta di coordinazione tra le varie polizie nazionali e internazionali sia rispetto ai provider.

«Tutto questo deve essere competenza della polizia», sottolinea don Fortunato. Ma cosa succede quando viene effettuata una segnalazione e, dopo mesi – se non anni – il contenuto è ancora lì? « Che sono su server internazionali, quelli che scrivono proprio che non forniscono i dati per l’individuazione di soggetti perché è una scelta volontaria. Non è obbligatorio. Ma perché non deve essere obbligatorio se ci sono dei crimini? Non esiste una norma a livello mondiale, ogni stato ha le proprie leggi per la pedofilia e questo è un problema». In un contesto del genere, infatti, spesso e volentieri anche le autorità si trovano in difficoltà ad operare.

«Segnalare e rimuovere è tempo perso se i server provider non forniscono dati»

Se alle autorità non vengono forniti i file per completare le indagini e impedire a chi carica questo tipo di materiale di rifarlo due ore dopo non andiamo da nessuna parte, in sostanza. «Si tratta di combattere contro i mulini a vento. Noi, con le nostre segnalazioni, abbiamo contribuito a ventiquattro operazioni nazionali e internazionali con migliaia di indagati, arrestati, bambini individuati. Questo dimostra che qualcosa si può fare».

Cosa va fatto se si vuole, nel proprio piccolo, contribuire alla lotta contro la pedopornografia online? «Il cittadino deve, innanzitutto, informarsi. Poi se trova materiale, qualunque tipo di materiale che ritenga offensivo nei confronti dei bambini e dell’infanzia, deve denunciarlo alla polizia. Ci sono moltissimi canali per farlo anche in rete, dai commissariati alle sezioni appositamente dedicate delle polizie postali dei vari paesi. Viene data la possibilità di compilare degli appositi form. Noi procediamo in questo modo, segnalando agli uffici di tutti i paesi preposti a contrastare il fenomeno. La gente deve segnalare: anche una sola segnalazione può salvare moltissimi bambini. La rete è positiva ma ci sono persone malintenzionate, proprio come nella vita reale».

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