Il M5S vota in maniera difforme dal Pd su Christine Lagarde

Nella giornata della scissione, rischia di passare inosservata la scelta del M5S al Parlamento europeo. Dopo essere stato l’ago della bilancia decisivo per l’elezione di Ursula Von der Leyen a presidente della Commissione europea, con i suoi 14 voti della pattuglia degli eletti il 26 maggio, il partito pentastellato ha deciso di astenersi sulla nomina di Christine Lagarde alla presidenza della Banca Centrale Europea, sostituta di Mario Draghi.

M5S si astiene sulla nomina di Christine Lagarde

Oggi, il Parlamento Europeo ha ratificato questa scelta, con il seguente esito: 394 voti a favore, 206 voti contrati e 49 astenuti. Tra questi ci sono i deputati del Movimento 5 Stelle che, evidentemente – visto il raggiungimento di un’ampia maggioranza da parte del fronte del sì – hanno deciso di far valere la loro opposizione storica alle istituzioni dell’Unione Europea, interrotta a questo punto solo momentaneamente con il sì convinto a Ursula Von der Leyen.

La differenza tra M5S e Pd sulla nomina di Christine Lagarde

Insomma, il M5S ha deciso di tornare nell’ambiguità agli occhi delle sedi istituzionali di Bruxelles. Piernicola Pedicini ha motivato con queste parole la scelta dell’astensione da parte dei pentastellati: «Noi abbiamo provato con tutte le nostre forze a trovare anche soltanto un motivo per poter sostenere la nomina di Lagarde a presidente della Bce, senza successo purtroppo – ha spiegato – Lagarde si è resa corresponsabile di tutte quelle politiche che hanno fatto aumentare a dismisura il debito nell’Ue solo per salvare le banche private tedeschi e francesi in primo luogo. Una volta che quel debito pubblico è cresciuto a dismisura si sono giustificate quelle politiche di austerità che poi sono diventate le riforme strutturali».

Il Partito Democratico, invece, ha votato a favore della nomina della Lagarde. Insomma, i due principali partiti della maggioranza di governo sembrano essere in dissenso su un ruolo cruciale all’interno dell’Unione Europea. E quel grido di europeismo che, all’indomani dell’elezione di Ursula Von der Leyen, era stato lanciato dai due partiti e aveva dato una spinta decisiva alla formazione del nuovo esecutivo sembra già essersi strozzato in gola.

(Credit Image: © Ting Shen/Xinhua via ZUMA Wire)

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