La storia del gatto affetto da Lyssavirus morto dopo aver morso la sua padrona
29/06/2020 di Enzo Boldi
La storia che arriva da Arezzo ha provocato grande preoccupazione: un gatto, affetto da Lyssavirus, ha morso la sua padrona e altre tre persone, prima di morire. Il sindaco del Comune toscano ha immediatamente emesso due ordinanze: la prima prevede il sequestro degli animali domestici che vivano insieme al felino nella casa aretina; la secondo riguarda l’obbligo di guinzaglio (e museruola) per tutti i cani. Due misure a scopo cautelare mentre si cerca ancora di capire come quel virus, un agente patogeno della rabbia, abbia potuto colpire quel gatto portandolo alla morte.
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Come detto, il Lyssavirus non è altro che un agente patogeno riconducibile alla famiglia della Rhabdoviridae, più comunemente conosciuta come rabbia. Si tratta di un virus che potrebbe esser stato portato dai pipistrelli che la proprietaria del gatto di Arezzo teneva in giardino, all’interno di una comune batbox, come rimedio anti-zanzare. Nei giorni scorsi, però, la stessa donna (e altre tre persone) sono state morse da quel felino domestico, morto poche ore dopo. Dall’autopsia è emersa l’affezione da quel raro virus legato alla rabbia.
Lyssavirus, cos’è?
Se il sindaco di Arezzo è subito corso ai ripari con due ordinanze cautelative per tentare di arginare la possibile diffusione del virus tra gli animali domestici, il Ministero della Salute deciderà a breve se avviare un’indagine di ricerca anche all’interno delle numerose colonie feline presenti in tutta Italia. Il salto di specie, infatti, è considerato molto raro. Così come la trasmissione. Ma l’obiettivo è quello di anticipare i tempi e cercare di evitare un’epidemia a livello non solo locale.
Il ruolo dei cani e il contagio sull’uomo
Come spiega lo stesso Ministero della Salute
si distinguono due cicli epidemiologici della rabbia: uno urbano e uno silvestre. In quello urbano il cane rappresenta il principale serbatoio. Questo ciclo è presente prevalentemente in Africa, Asia e Sud America, dove la presenza di animali randagi è molto elevata. Il ciclo silvestre è predominante in Europa e in Nord America. L’epidemiologia di questo ciclo è piuttosto complessa: vanno tenuti in considerazione il genotipo virale, il comportamento e l’ecologia delle specie ospiti e i fattori ambientali. Nello stesso ecosistema una o più specie possono essere coinvolte nell’epidemiologia della malattia.
In Italia non si segnalano casi di rabbia nell’uomo, tantomeno da Lyssavirus, da tantissimi anni. Solo qualche sporadica infezione è stata riscontrata su alcuni animali. Ma si trattava di fenomeni circoscritti, tant’è vero che «dal 1997 l’Italia aveva ottenuto il riconoscimento di stato indenne da rabbia». Inoltre, non c’è alcuna evidenza, per il momento, di una trasmissione tra animale e uomo.
(foto di copertina: da Pixabay)