La piattaforma Piracy Shield è arrivata al limite degli oscuramenti
Agcom si era impegnata con i provider a mantenere entro un certo numero gli oscuramenti. Bloccare senza poter sbloccare porta a raggiungere questo numero troppo velocemente
27/05/2024 di Gianmichele Laino
Tra i tanti problemi del Piracy Shield, Wired ne ha individuato un altro. La testata che si occupa di tecnologia e società ha dimostrato, nel tempo, di essere particolarmente attenta al progetto che la Lega Serie A ha messo a disposizione per “combattere” la pirateria, bloccando gli indirizzi IP dei siti web sorpresi a trasmettere degli eventi sportivi senza nessun tipo di autorizzazione. Dopo aver registrato già i numerosi problemi legati al fatto che il blocco degli IP poteva riguardare anche siti che nulla avevano a che fare con trasmissioni pizzottate (ma che si trovavano semplicemente a condividere con quelle l’IP, visto che internet ormai non è più quello di una volta, quando a un singolo IP corrispondeva un solo sito web), dopo aver constatato che i cinque giorni di tempo per il ricorso del gestore del sito erano un tempo non congruo (e che, spesso, il gestore non si accorgeva nemmeno del blocco in quel lasso di tempo), Wired ha fatto emergere un altro punto critico: il limite del blocco degli IP e di Fqdn concordato da Agcom con i provider di servizi web che, ormai, sembra a un passo dall’essere raggiunto, a soli 4 mesi dall’entrata in funzione della piattaforma.
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Limite raggiunto da Piracy Shield, l’accordo di Agcom
Non si tratta, questa volta, di un limite tecnico della piattaforma Piracy Shield – come avremo modo di vedere in un altro articolo del nostro monografico di oggi – quanto di un accordo, tra l’altro non esplicitato nella legge che ha fatto entrare in vigore questa piattaforma anti-pirateria, tra Agcom e i provider di servizi web. Un accordo che si è reso necessario per limitare, in qualche modo, il già eccezionale sforzo che si richiede a questi stessi provider per bloccare, entro 30 minuti dalla segnalazione, i vari siti web che trasmettono eventi sportivi illegalmente.
Soprattutto per i provider più piccoli, infatti, l’azione di blocco continua che si richiede in seguito all’entrata in vigore di Piracy Shield è eccessivamente dispendiosa. Dunque, in maniera poco più che informale, l’Agcom e i provider avevano trovato l’accordo su un numero massimo di interventi da effettuare, sia sugli IP, sia sulle Fqdn. Adesso, però, visto che questo limite è stato raggiunto in pochissimo tempo dall’entrata in funzione, Agcom chiede al governo di istituzionalizzare, in qualche modo, questo accordo. Non chiedendo, attenzione, di mettere nero su bianco nel decreto il numero massimo degli IP e degli Fqdn che si possono bloccare, ma ottenendo – dal legislatore – il permesso di poterli sbloccare, cosa attualmente non prevista dalla legge.
Anche questo aspetto rappresenterà, tuttavia, una criticità perché anche l’azione di sblocco – sebbene non in real time come avviene per il blocco – richiederà uno sforzo ulteriore dei provider per conformarsi all’eventuale nuova disposizione. Un procedimento automatico – come era stato definito inizialmente il Piracy Shield – sta avendo, insomma, una serie di implicazioni a cascata che tanto automatiche non sono.