Cosa dice lo studio pubblicato su Nature in merito a Life2vec

Si sta parlando, anche giornalisticamente, di una AI in grado di prevedere la morte delle persone. È veramente così? È questo il fine di questa ricerca?

04/01/2024 di Enzo Boldi

Nelle ultime settimane, si sta parlando molto di una nuova scoperta tecnologica che è stata sintetizzata da molti titoli di giornale in questo modo: l’intelligenza artificiale che prevede la data della morte delle persone. Ma è veramente così? In questo concetto sintetico è racchiusa solamente una parte della verità, ovvero quella che può attirare maggiormente l’attenzione del pubblico (social e online, in generale). Perché lo studio pubblicato su Nature parla di un modello linguistico di apprendimento automatico, chiamato Life2vec, che non ha come obiettivo primario quello di creare un sistema in grado di fare una previsione sull’aspettativa di vita di ogni singolo essere umano.

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Quando si parla di intelligenza artificiale, infatti, tutte le informazioni in merito vanno prese con le proverbiali pinze. Innanzitutto, quando si parla di Life2vec è sbagliato parlare di uno strumento AI: si tratta, infatti, di un modello di linguaggio addestrato sui dati di 6 milioni di cittadini danesi. Ed è in grado di prevedere realmente la data della morte delle persone? Non esattamente. Possiamo parlare più di un calcolo effettuato statisticamente mettendo lungo un diagramma vettoriale diversi elementi: dalla data di nascita all’attività lavorativa, passando per eventuali patologie, stili di vita, esami medici etc. Insomma, uno screening che crea una statistica e indica una presunta “data di scadenza” per la vita di ogni singolo soggetto.

Life2vec, cosa dice lo studio pubblicato su Nature

Più che parlare di “morte”, si parla di rischi. Mescolando e analizzando i parametri personali di ogni singola persona (salute, occupazione, geografia e ricchezza) e traducendoli secondo le statistiche calcolate in fase di addestramento (quindi con altri parametri inseriti nel dataset di riferimento), si può fornire un computo sulle possibili conseguenze (anche in termini di “calendario”) sulla vita delle persone: malattie nelle quali si può incorrere e altro. Insomma, al di fuori di tutto questo c’è quell’imprevedibilità che contraddistingue il nostro quotidiano. E tutto ciò viene specificato all’interno delle pagine della ricerca pubblicata su Nature Computational Science.

«Stimiamo la probabilità che una persona sopravviva nei quattro anni successivi al 1° gennaio 2016. Si tratta di un compito spesso utilizzato nella modellazione statistica. Inoltre, la previsione della mortalità è strettamente correlata ad altri compiti di previsione della salute e pertanto richiede che Life2vec modellizzi la progressione delle singole sequenze di salute e la storia lavorativa per prevedere con successo il risultato giusto. In particolare, data una rappresentazione della sequenza, Life2vec deduce la probabilità che una persona sopravviva nei quattro anni successivi alla fine delle nostre sequenze (1° gennaio 2016). Ci concentriamo sull’elaborazione di previsioni per una coorte di persone giovani, composta da individui di età compresa tra i 30 e i 55 anni, in cui la mortalità è difficile da prevedere». 

Dunque, si parla apertamente di statistica. E, in effetti, tutto è figlio di una raccolta di dati che vanno a coprire l’intera vita quotidiana delle persone. E l’imprevisto è dietro l’angolo. Facciamo un esempio molto recente: la pandemia COVID-19. Neanche uno strumento così avanzato può calcolare con esattezza la data della morte di una persona durante un evento sanitario di portata mondiale. E, più nel piccolo, uno strumento AI come questo non può prevedere un fatale incidente domestico, automobilistico o di altra natura (per l’appunto, non prevedibile).

Traiettorie di vita

Dunque, sembra essere forzato il concetto di “AI che prevede la data della morte delle persone”. Possiamo parlare, più che altro, di un’intelligenza artificiale che è in grado di fornire delle traiettorie di vita delle persone, in base a degli schemi vettoriali basati sulla statistica. Inoltre, gli stessi ricercatori danesi (che hanno collaborato con un team americano per realizzare questa ricerca) hanno sottolineato come questo modello non sia pronto per essere reso pubblico e, probabilmente, potrebbe rimanere chiuso in un cassetto e limitati a una ricerca che ha l’obiettivo di far riflettere sui piani presenti e futuri dell’intelligenza artificiale.

«In sintesi, Life2vec apre una serie di possibilità nell’ambito delle scienze sociali e sanitarie. Attraverso un ricco set di dati, catturiamo un’infinità di modelli e tendenze complesse nelle vite individuali e rappresentiamo le loro storie in una rappresentazione vettoriale compatta. Questi vettori rappresentano un nuovo tipo di collegamento completo tra risultati sociali e sanitari. Il risultato del nostro modello, unito agli strumenti di causalità, mostra un percorso per esplorare sistematicamente il modo in cui diverse modalità di dati sono correlate e interconnesse e utilizzare queste interconnessioni per esplorare esplicitamente il modo in cui la vita influisce sulla nostra salute e viceversa. In questo senso, apriamo la porta a una nuova e più profonda interazione tra le scienze sociali e quelle della salute. Infine, sottolineiamo che il nostro lavoro è un’esplorazione di ciò che è possibile fare, ma dovrebbe essere utilizzato solo in applicazioni reali, nel rispetto di norme che tutelino i diritti degli individui». 

Causalità che non tiene conto della casualità. Il modello presentato in questo studio sembra essere molto avveniristico, ma ha delle lacune evidenti, ma può essere uno strumento utile per comprendere quali cambiamenti dello stile di vita di ogni singola persona possano prevenire un decesso precoce. E lo sanno bene, spiegandolo in vari paragrafi di questa ricerca, anche i ricercatori che hanno condotto questo approfondimento.

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