Quando Libero titolò «Per stendere Renzi bisogna sparargli» e Feltri si giustificò: «Non sanno leggere»

16/01/2020 di Enzo Boldi

Il problema è sempre il pulpito da cui arriva la predica. Perché se è legittimo criticare la scelta fatta da La Repubblica nella sua edizione del 15 gennaio 2020, è opportuno anche ricordare come chi oggi si scaglia contro il quotidiano di Carlo Verdelli non sia esente di colpe. Il classico ‘bue che dice cornuto all’asino’, Libero contro Repubblica con Feltri che accusa il giornale ‘rivale’ di aizzare l’odio della sinistra contro il leader della Lega per il titolo ‘Cancellare Salvini’. Un’immagine forte che, poi, è stata giustificata (o almeno è stato provato a fare questo) spiegando come quelle due parole fossero la sintesi del pensiero di Graziano Delrio, con riferimento al tema dei migranti e dei decreti sicurezza.

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Insomma, l’indignazione popolare ci poteva anche stare, soprattutto se alimentata come accaduto nella giornata di ieri. Poi, svegliandoci questa mattina, scopriamo che Libero Quotidiano, attraverso una lettera firmata e inviata da Vittorio Feltri, ha segnalato La Repubblica al Consiglio disciplinare dell’Ordine dei Giornalisti. Legittimo? Certo, ma in passato il direttore non ha acquisito le stimmate della santità deontologica. Come quando titolò così.

Libero contro Repubblica

Era l’8 novembre del 2017 e ne parlammo già allora di quella prima pagina in cui campeggiava il titolone: «Per fermare Renzi bisogna sparargli». Titolo ancor più inequivocabile di quel «Cancellare Salvini» apparso su La Repubblica di ieri. E, allora, lo stesso Vittorio Feltri rispose così alle critiche:

Il titolo «Per stendere Renzi bisogna sparargli»

E sembra essere anche inutile l’ultimo tweet di Vittorio Feltri che vuole portare acqua al proprio mulino nella contesa Libero contro Repubblica.

Chi è senza peccato scagli la prima pietra, certamente. Ma il percorso storico del quotidiano diretto da Vittorio Feltri non consente di salire sul pulpito a dire cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. La storia è viva nella memoria di tutti, soprattutto quando viene stampato su carta.

(foto di copertina: da prima pagina di Libero Quotidiano dell’8 novembre 2017)

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