«Io, molestata in strada a Roma, chiedevo aiuto ma nessuno reagiva»
11/07/2018 di Redazione
«Io, molestata in strada, continuavo a chiedere aiuto ma nessuno reagiva». È la terribile esperienza vissuta a Roma la scorsa estate da una ragazza, di nome Francesca, che ha deciso di raccontare l’accaduto molto tempo dopo in una lettera, pubblicata oggi dal Corriere della Sera, affinché nessun’altra possa subire la stessa violenza. Il caso di molestie è avvenuto in un popoloso quartiere nella zona est della Capitale, in serata, intorno alle 21. La giovane era appena scesa dall’auto per dirigersi verso casa di amici, per i preparativi di una festa. In una via poco trafficata è stata improvvisamente stretta da dietro con le braccia, palpeggiata ai seni, avvinghiata con forza, e ha poco dopo scoperto l’inutilità delle sue richieste di aiuto:
Mi giro di scatto, inizio a gridare e scalciare alla rinfusa, mi trovo davanti un individuo di mezza età, mingherlino, che si ritrae, abbassa lo sguardo, alza le mani al cielo. Scioccata dall’accaduto, mi fermo un millesimo di secondo per cercare di realizzare cosa stava succedendo e lui rigetta le sue mani sul mio petto.
Cerco di nuovo di allontanarlo scalciando, quello si volta e se ne va camminando velocemente in direzione di una piazza affollata. Grido di nuovo, chiedo a voce alta aiuto a una coppia che mi accorgo era lì davanti a un altro portone. Mi colpiscono con uno sguardo di diffidenza e continuano a conversare tra loro.
Nel frattempo il mio aggressore sta per entrare nella piazza affollata e ha preso a camminare normalmente.
Piena di rabbia e in preda alle lacrime, lo inseguo sperando di farlo bloccare dai passanti. Io non potevo, sentivo le mani bloccate, avevo disgusto a toccarlo. Grido di nuovo aiuto, urlo alla gente che passa, a quelli seduti al bar, di fermarlo, dicendo che quell’individuo mi ha appena aggredita.
Nessuno si muove. Ancora soltanto sguardi di diffidenza, quasi infastiditi dalle grida.
L’incubo di Francesca, ragazza molestata in strada a Roma
Per Francesca è un incubo, una situazione surreale considerando che nessuno fa nulla. Le persone che incontra in strada e che le negano un aiuto sembrano, dice lei, «lobotomizzati», «automi». La sua rabbia prende il sopravvento su spavento e dolore e le dà la forza di inseguire il molestatore per 500 metri. I «più lunghi e strazianti della mia vita», ricorda oggi la ragazza. A fermare l’uomo ci pensano poi due ragazzini, di circa 14 anni, inizialmente su un motorino. Sono loro ad intervenire. Francesca intanto chiama il 112. Arrivano sul posto gli amici che la aspettavano per la serata, la polizia e anche qualche curioso che vuole sbirciare e che in precedenza non aveva risposto alla richiesta di aiuto. Si avvicina anche un’altra ragazza, anche lei sconvolta, che racconta che lo stesso uomo l’ha molestata appena 10 minuti prima, toccandole il seno mentre usciva da un bar poco distante. Anche lei aveva scoperto l’indifferenza delle persone in strada. Le due ragazze presentano denuncia, avvertono le famiglie dell’accaduto, vengono a sapere che il pubblico ministero è una donna. Una donna che però potrà fare poco per loro: non procederà al fermo per l’assenza della flagranza di reato. Al Corriere Francesca scrive:
E ancora mi chiedo perché una pubblico ministero non possa evitare che un individuo con evidenti problemi psichici, soggetto a conclamati raptus criminali, dopo tre denunce di molestie a distanza di 24 ore, se ne vada in giro libero di aggredire altre donne e ragazzine del quartiere. E soprattutto spiegatemi perché la società in cui viviamo si è rivelata come un grande silenzioso deserto dall’indifferenza imperante.
(Foto di copertina generica da archivio Ansa)