Gli stati europei che hanno chiesto a Meta, YouTube e Twitter di bannare la disinformazione filo-russa

Una lettera aperta e congiunta alle varie società della Silicon Valley è stata firmata da Lituania, Lettonia, Estonia e Polonia

28/02/2022 di Gianmichele Laino

Una lettera aperta a Big Tech. È stata sottoscritta dai primi ministri di Lituania, Lettonia, Estonia e Polonia ed è stata inviata alle principali compagnie che si occupano di piattaforme digitali, come Meta, Google e Twitter. Il contenuto della lettera è orientato verso un’unica direzione: la richieste di rimozione, da queste piattaforme, della disinformazione filo-russa. Una esigenza, da parte di questi stati, soprattutto perché la popolazione è costantemente esposta alla divulgazione di informazioni che arrivano da organi di informazione che, al di là della specifica situazione dettata dalla crisi russo-ucraina, hanno sempre dato prova di diffondere fake-news.

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Lettera a Big Tech da parte di Lituania, Lettonia, Estonia e Polonia

A farsi portavoce di questa iniziativa è stata sicuramente la premier della Lituania, Ingrida Šimonytė, che ha dichiarato: «Per molti anni, la Russia ha diffuso il seme della sfiducia nella mente delle persone e ha manipolato la realtà per alimentare le sue ambizioni politiche. Oggi assistiamo alle tragiche conseguenze di questo processo a lungo tollerato a costo della vita di ucraini innocenti. Il loro stato ora viene distrutto non attraverso le armi della disinformazione ma attraverso quelle vere. Sono evidenti, inoltre, gli sforzi per allontantare la responsabilità dei guerrafondai e anche per giustificare le loro azioni».

Le richieste dei vertici dei quattro stati sono rappresentate da una più capillare azione per contrastare i contenuti di disinformazione – che arrivano anche da organi istituzionali dello stato russo -, fino a una revisione dei loro algoritmi per penalizzare questi stessi contenuti. La lettera fa leva anche sul fatto che la Russia abbia limitato, nelle ultime ore, le funzionalità di alcune piattaforme come Facebook o Twitter. Inoltre, gli stati mettono a disposizione i loro esperti per individuare quegli organi di informazione ritenuti non affidabili.

Negli ultimi giorni si è assistito – e non soltanto, questo va riportato, a causa della propaganda russa – a una vasta operazione di disinformazione su diversi aspetti del conflitto russo-ucraino. La percezione comune dei cittadini viene costantemente alterata dalla diffusione di queste informazioni non verificate o parziali. Da qui l’appello delle democrazie baltiche e della Polonia.

Foto IPP/Fabio Cimaglia
Roma

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