Lo storico che discute di politica sui social: «Parlo con gli haters e cerco di farli ragionare»

Una delle regole che solitamente venivano illustrate dagli esperti della comunicazione sui social network è sempre stata don’t feed the troll. Non seguire l’account che, in qualche modo, interviene sui nostri profili per «sparigliare le carte» della discussione, per offendere, per minacciare. Leonardo Cecchi, che della comunicazione politica sta intraprendendo strade nuove, ha pensato di sovvertire questa regola base.

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Leonardo Cecchi e il suo modo di comunicare la politica sui social network

Dottore magistrale in storia, con master in management della pubblica amministrazione e cyber intelligence, coltiva la passione della politica e del giornalismo, collaborando anche con L’Espresso e Huffington Post. Sulla sua pagina Facebook, che ha oltre 180mila followers, prende spunto dagli insegnamenti della storia per renderli attuali e inserirli nel dibattito politico contemporaneo.

«La comunicazione sui social network – dice a Giornalettismo – è diversa, bisogna scendere a patti. I messaggi vanno semplificati nella forma e non nella sostanza. In questo spirito si inserisce anche il mio ‘rapporto’ con gli haters. Ne ho di affezionati. Profili fake o che si nascondono dietro altre identità, perché hanno timore di mostrare il proprio volto. Difficilmente li banno. A molti di loro, invece, rispondo. Mi crei un danno con un intervento sciocco sulla mia pagina? Bene, io ti “uso” per rafforzare il mio concetto iniziale».

Leonardo Cecchi e le origini della sua pagina Facebook

La sua pagina Facebook era nata nel 2015 e si chiamava La Camicia Rossa. Ora di quella pagina resta soltanto un gruppo di dibattito: «Era un omaggio al Risorgimento, a Garibaldi e a Mazzini, identificava il mio posizionamento politico. Poi, un anno e mezzo fa ho cambiato il nome e ho iniziato, a titolo personale, a parlare di politica».

Un dialogo costante con gli interlocutori, un modo gentile di esprimersi e la concretezza di un messaggio che arriva direttamente sulle bacheche degli utenti: «Devi dare sempre un valore aggiunto nei termini di ragionamento o di pensiero – dice Leonardo Cecchi -. Se lanci una notizia, essendo tra i primi a riportare un take di agenzia, o se maturi una riflessione, il tuo engagement cresce. Nel primo caso, però, l’audience non si affeziona, nel secondo sì. Il complimento che ricevo più spesso è in realtà un ringraziamento perché, attraverso lo sviluppo di una riflessione, ho convinto qualcuno o gli ho mostrato un argomento da un punto di vista diverso».

Negli ultimi giorni, Leonardo Cecchi ha notato che il dibattito in Italia, per la prima volta, si è concentrato su qualcosa di diverso rispetto al coronavirus, animandosi intorno alle proteste negli Stati Uniti seguite all’uccisione di George Floyd: «Le discussioni vanno affrontate basandosi sui trend del momento. Ma non è un atteggiamento utilitaristico. Io, ad esempio, non monetizzo i risultati della mia pagina. Il trend serve a raccogliere attenzione, altrimenti non ne ricevi. A meno che tu non sia un personaggio famoso o una istituzione. Penso a Roberto Saviano: anche i suoi post, nonostante il successo e la visibilità, raggiungono meno persone se non marcano il punto su un trend del momento».

Infine, la passione per la storia (che poi è diventata parte della sua professione) e l’importanza del contenuto. «Distribuire dei riferimenti storici, delle pillole, nei miei post è un qualcosa che viene apprezzato. Nel post su uno dei tanti comizi sconclusionati dei gilet arancioni, ho definito quella protesta il ‘tramonto della civiltà’, con un riferimento alle invasioni barbariche precedenti all’Alto Medioevo. Del resto, e l’ho sperimentato di persona, la valutazione sui miei contenuti viene sempre fatta in rapporto alla loro qualità. I numeri, se non sono accompagnati dalla qualità, non bastano».

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