Perché Le Iene hanno assediato ingiustamente Pietro Castagna, figlio, fratello e zio delle vittime della strage di Erba

30/09/2018 di Redazione

Il contenuto dell’intervista che andrà in onda questa sera, 30 settembre, lo hanno visto ancora in pochi. Giusto gli abitanti di Erba e qualche giornalista del posto, che lo ha subito anticipato sulle pagine della cronaca locale, tra cui La Provincia di Como. Le Iene hanno fatto una vera e propria intervista-assalto a Pietro Castagna, utilizzando domande come «Lo sa che ci sono due innocenti in carcere?» o «Come mai avete fatto sparire la Panda delle vittime subito dopo il delitto?».

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Le Iene delitto Erba, un lungo servizio innocentista

Insomma, il servizio che andrà in onda questa sera sembrerebbe sposare in pieno la pista innocentista nei confronti di Olindo e Rosa Romano, i coniugi che – nel corso di 12 processi e di un iter giudiziario lunghissimo – sono stati riconosciuti colpevoli da 26 giudici, che hanno comminato per loro l’ergastolo.

Come spiegato da Selvaggia Lucarelli in un lungo post qualche giorno fa, i tribunali televisivi sono sempre più affascinati dalla tesi innocentista, facendo leva anche sull’opinione di Azouz Marzouk, compagno di una delle vittime di Erba – che a causa sua aveva avuto contrasti con i fratelli Castagna – che, nel momento del processo in Cassazione, è diventato all’improvviso innocentista nei confronti di Olindo e Rosa.

L’origine delle tesi innocentiste sulla strage di Erba e le accuse a Pietro Castagna

Pietro Castagna è stato accusato di black humor nella descrizione della morte della madre, della sorella e della nipotina di due anni (avrebbe detto in una intecettazione «tra un po’ daranno la colpa alla Franzoni») ed è stato accusato di aver fatto sparire l’automobile delle vittime e di aver regalato la villetta della strage alla Caritas.

Peccato che sia stato lui stesso a spiegare che la macchina, così come la villa, era stata regalata alla Caritas perché il padre, marito, padre e nonno delle vittime, non sopportava più l’idea di poter abitare o utilizzare oggetti che gli ricordassero quella tremenda strage a cui lui riuscì a sfuggire. Tuttavia, l’opinione pubblica – al tempo dei social network (il delitto avvenne nel lontano 2005, quando Facebook e Twitter non erano diffusi in maniera capillare in Italia) – è pronta a cambiare opinione sul delitto. E per farlo non prende in considerazione un lungo e faticoso iter giudiziario, né rispetta la privacy di persone che hanno sofferto e soffrono ancora per la morte violenta dei loro cari.

FOTO:  MATTEO BAZZI / ANSA /DC

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