Le elezioni regionali umbre spiegate con il sorriso di Joker

Se dovessimo indicare un sentimento prevalente per descrivere efficacemente questi anni, questo sentimento forse sarebbe la rabbia. Dalla Grande Crisi, che nel 2007 ha cambiato per sempre aspirazioni, aspettative e speranze di gran parte del mondo occidentale, il risentimento senza oggetto per un futuro mai avverato, e ormai dissolto, si è trasformato in malessere collettivo pronto a scoppiare con modalità spesso imprevedibili. Un mood che ha ispirato uno dei film simbolo di questa stagione cinematografica con un protagonista destinato a diventare una vera e propria icona di stile. Un antieroe figlio dello sconquasso economico e culturale che stiamo vivendo in questi anni, in questa sorta di orrenda “Nuova Preistoria” preconizzata da Pier Paolo Pasolini in una delle sue liriche più struggenti e profetiche. Jocker, l’acclamato film diretto da Todd Philips  e interpretato da un magistrale Joaquin Phoenix, vincitore dello scorso Festival di Venezia, ha saputo, come spesso accade per i capolavori, raccontare questo “sentimento del tempo” con una forza e una precisione invidiabili. Il protagonista, un disadattato vessato da una quantità insopportabili di violenze personali e sociali, si trasforma in un sanguinario carnefice. Ma la sua vendetta personale si fonde con una rabbia sociale ormai incontrollabile e devastante in un mondo che assomiglia nemmeno troppo velatamente al nostro presente. Un universo segnato da disparità di ricchezze ormai inaccettabili, da una frammentazione sociale dilagante, dall’assenza dello stato e dei servizi sociali e soprattutto dall’assenza della politica. La rabbia riesce così a incarnarsi solo nella vendetta, nell’identificazione con un’omicida e in tumulti violenti e populisti che sembrano solamente mirare a distruggere più la civiltà tout court che il sistema.

La rabbia, i deserto della politica e il populismo

Con le debite proporzioni è difficile non associare lo scenario del film a molti momenti a cui abbiamo testimoniato in questi anni. Dal movimento dei “forconi” (in cui erano infiltrati anche alcuni esponenti di Forza Nuova) ai “Gilet Jaunes” francesi, che hanno paralizzato la Francia nel corso dello scorso anno, fino ai recenti tumulti in Cile e in Libano, l’Europa e il mondo sembrano sempre essere periodicamente scossi da forti movimenti di protesta popolare che sembrano spesso a-politici, ovvero non egemonizzati da una forza politica delineata. Un’evidenza che si traduce in un’agenda politica confusa e in obiettivi non manifesti dove il momento della “distruzione” sovrasta il momento della “creazione” e della proposizione di un nuovo ordine.

E la novità, rispetto ai decenni che ci hanno preceduti, è che la rabbia delle classi medie e popolari è incarnata sempre più frequentemente dalle nuove destre. Una rabbia destrutturata e puramente strumentale. La narrativa offerta da Salvini e soci non offre alcuna soluzione ai problemi degli elettori, ma riconosce a folle spaurite il diritto di essere arrabbiate in un mondo che cambia rapidamente e una globalizzazione che spazza via diritti e certezze consolidate. Una narrazione che non mette mai in discussione le dinamiche socio-economiche, ma che scarica i costi di un sistema, che dal 2007 in poi mostra tutte le sue crepe, sulle nuove marginalità sociali. La rabbia agitata costantemente dai social degli apprendisti stregoni della destra italiana e diretta di volta in volta verso immigrati e categorie sociali svantaggiate ne è l’esempio più lampante.

Fintamente “rivoluzionaria”, la retorica sovranista è in realtà estremamente conservatrice, funzionale alla conservazione del sistema, ma abile nel capitalizzare i consensi, come le ultime elezioni umbre ci dimostrano. E lo è perché riconosce e manipola uno dei sentimenti chiavi e più dirompenti del post 2007: una rabbia devastante alla quale nessuno fornisce risposte convincenti. Un meccanismo che si innesca sull’incapacità ormai atavica della sinistra del prendere atto dei nuovi conflitti della contemporaneità e del saperli incarnare con coraggio. Fino a quando la politica non rientrerà in scena con coraggio e fino a quando a questa rabbia non verranno offerte delle risposte politiche, anche radicali, il sorriso di Joker resterà ad appannaggio delle odierne destre sovraniste. E gli esiti sono purtroppo imprevedibili.

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