L’azienda chiede i soldi delle spese legali ai lavoratori ammalati e loro si appellano alla rete

La vicenda è di quelle paradossali che fanno meditare, e non poco, sul concetto di giustizia. I protagonisti sono 21 lavoratori, ex dipendenti del “Nuovo Pignone” e l’omonima azienda metalmeccanica del carrarese. Per anni molti operai hanno lavorato respirando amianto e ammalandosi, poi, con i primi referti e i primi lutti, hanno cominciato a fare ricorsi contro le condizioni di lavoro: correva l’anno 2003.

Le testimonianze dei lavoratori

«Abbiamo saputo cosa stava succedendo quando il primo tra noi si ammalò. Ce lo disse il referto del medico che aveva respirato l’amianto, non l’azienda. Ci sentimmo traditi. Andai a cercare uno a uno i miei colleghi, dovevamo fare qualcosa. E partirono le cause» ricorda un operaio intervistato dal Tirreno che aggiunge «All’epoca hanno taciuto, il periodo di maggiore esposizione fu dal ’75 all’85. Io fui assunto nel 1957 e sono andato via nel 1992. E pensare che il primo ammalato era un impiegato, non stava alle macchine. Questo per dire che l’amianto era ovunque. Era un mix di polvere e amianto, lo respiravano tutti. La contaminazione era ambientale. E noi, che dovevamo lavorare dei pezzi a temperature altissime, fino ai 300 gradi, per coprirci utilizzavamo con dei teli. Indovina di che materiale? Amianto. E i vari reparti non erano chiusi, c’erano delle campate aperte».

L’idea dell’online per raccontare la storia delle spese legali

Con l’avanzare dei ricorsi, crescono purtroppo anche le malattie e le morti probabilmente collegate all’esposizione della sostanza cancerogena. Nel frattempo però cambia il quadro normativo, con la modifica dell’articolo 92 del codice di procedura civile non si ha più compensazione delle spese: dal giudizio si esce vincenti e perdenti. La seconda eventualità è esattamente ciò che è accaduta ai 21 lavoratori che ora si trovano a dover pagare una cifra attorno ai 90mila euro per spese processuali. E allora arriva l’idea della piattaforma on-line per raccogliere fondi, coinvolgere la cittadinanza, ma anche per un obiettivo ben più preciso e politico: raccontare una storia di malattia e ordinaria ingiustizia.

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