Un Paese civile non dice che servono immigrati per il lavoro nei campi

06/04/2020 di Enzo Boldi

La dignità di ogni singolo essere umano. L’errore più comune commesso da chi difende la legittima fuga dai Paesi in guerra e in perenne carestia dei migranti è accomunare il loro ‘essere umani’ al lavoro nei campi. Come fossero una merce di scambio da iniettare all’interno del sistema produttivo, in questo caso italiano. Come a dire che quella è l’unica cosa che possono fare. Semplificazioni e sillogismi troppo facili che la politica – solitamente abituata a essere il classico ‘ufficio complicazioni affari semplici’ – che non fa altro che fagocitare ambiguità culturali, come accade nel nostro Paese.

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Il ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Teresa Bellanova, lunedì 6 aprile – nel suo intervento telefonico a Circo Massimo, su Radio Capital – ha detto: «Abbiamo bisogno degli immigrati. Tanti lavoratori dell’est non si vogliono spostare nel nord Italia per i raccolti e hanno disdetto i contratti. Intanto abbiamo dei ghetti dove sta montando la disperazione per fame e solitudine. Fra poco i lavoratori che vengono dal sud del mondo usciranno dai ghetti e non con il sorriso. Dobbiamo dare la possibilità di lavorare in modo regolare. O c’è lo Stato a governare questi processi oppure ci sono le mafie».

Lavoro nei campi e l’idea del bisogno degli immigrati

La seconda parte del discorso è giustissima, ma chi può fare qualcosa per dirimere questa matassa abita nei palazzi del potere. Ma l’aspetto più importante è che siamo nel 2020 ma la politica continua fa il sillogismo tra ‘immigrati’ e lavoro nei campi. Per carità, si tratta di un mestiere che possono fare tutti e tra i tutti ci sono anche gli italiani. Ovviamente non si tratta – per i malpensanti – di un attacco contro chi arriva nel nostro Paese. Il senso è proprio l’opposto. Si tratta di rispettare la loro dignità in quanto essere umani e già obbligati a convivere con quelle disgustose etichette da propaganda politica che incontriamo sui social – e sulla bocca di molti esponenti di vari partiti – quotidianamente.

Cosa si dice e cosa non si fa

La vera esigenza dell’Italia deve essere la reale lotta al caporalato, una vera e propria riforma del comparto agricolo con norme più stringenti non solo sulla sicurezza dei lavoratori, ma anche sulla loro dignità di essere umani. A partire dagli stipendi. Dire che ci vogliono gli immigrati per il lavoro nei campi è un messaggio che non può passare. Uno Stato civile non deve e non può permettersi di ghettizzare nominalmente categorie di persone. Perché è giusto non dimenticarsi di coloro che hanno meno possibilità di noi, ma per farlo servono meno parole e più fatti. Chi arriva in Italia, ovviamente, deve lavorare. Richiedere più immigrati perché serve per l’agricoltura è un concetto che deve essere sottratto dalle locuzioni comuni.

(foto di copertina: da Porta a Porta, Rai 1)

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