La mummia meglio conservata è una bimba italiana di due anni
06/07/2011 di Redazione
Si chiama Rosalia ed è morta nel 1920. La sorella: “Basta sfruttare il suo cadavere”
Una malattia misteriosa la consumò nel giro di una settimana, lei che era la cocca di casa, con le guance di pesca e i riccioli sempre raccolti in nastri colorati. Adesso Rosalia, la bambina morta a nemmeno due anni nel 1920, oggi diventata la mummia meglio conservata del mondo in quelle catacombe dei Cappuccini che sono una sfida titanica alla morte e ai suoi sfregi, riposerà in una culla hi-tech di vetro e acciaio. Una capsula avveniristica satura di azoto per distruggere i microrganismi, brevettata per mantenere al suo interno venti gradi di temperatura e il 65 per cento di umidità: il secondo «lettino eterno» realizzato al mondo per una mummia umida (cioè ancora piena di liquidi) dopo quella di Otzi, l’uomo preistorico di Bolzano.
Ma ai parenti, a quanto pare, tutto questo non piace:
Per i parenti quella è la salma di un congiunto («Rosalia fa parte della nostra famiglia e il fatto che il suo corpo sia stato imbalsamato per volere di mio padre non esime nessuno a doverle il rispetto che si deve a chiunque sia morto», dice la sorella), per gli scienziati parte di una collezione tutelata dalla Soprintendenza come bene etno-antropologico. Sullo sfondo, la guerra per i diritti sull’immagine della bambina, che – rimasta decenni a dormire nell’ombra, riprodotta timidamente su cartoline fatte stampare dai frati – è salita adesso, grazie ai nuovi studi, sulla ribalta internazionale.
E anche sui blog si protesta:
Accuse che rimbalzano sui blog, che si nutrono di opposte testimonianze, e che riguardano anche presunte manomissioni del corpicino. «Rosalia – dice la nipote – all’inizio aveva un abito blu, ciuffetti raccolti in due fiocchi azzurri, i calzettoni bianchi, la vestì mia nonna in persona. Poi l’abbiamo vista con un vestitino rosa pesca, poi di nuovo blu, con un fiocco giallo e senza alcun fiocco. Ma quante volte è stata aperta la sua bara?». I registri, in realtà, parlano soltanto della rottura del vetro negli Anni Sessanta, e anche anziani testimoni sono pronti a giurare che niente è cambiato in quasi un secolo.