Quale esercito “democratico” bombarda la sede di Al-Jazeera e AP a Gaza?

Distrutto il palazzo dove avevano sede i principali media internazionali della striscia di Gaza

16/05/2021 di Gianmichele Laino

La libertà d’informazione nei luoghi nevralgici per gli equilibri geopolitici vale un’ora di tempo. Un’ora di tempo, esattamente quanto è stato concesso al proprietario del palazzo al-Jala, una delle strutture centrali a Gaza, per spiegare ai giornalisti di Associated Press, al-Jazeera e altri media internazionali che era tempo di evacuare le loro sedi, portare in salvo archivi e attrezzature. Oltre che le loro vite. Israele bombarda al-Jazeera e l’Associated Press nel corso della sua offensiva contro Hamas, giustificando l’azione con il fatto che – in quei palazzi – l’organizzazione palestinese spesso trova rifugio o lancia delle comunicazioni strategiche a livello d’intelligence.

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Israele bombarda al-Jazeera e Associated Press

Il risultato sicuro, in realtà, è quello di una guerra che – da questo momento in poi – perderà pezzi importanti del suo racconto. Al-Jazeera e Associated Press sono media internazionali, che spesso hanno condiviso informazioni con i giornali e le televisioni di mezzo mondo. Una struttura importante sul posto ha consentito loro di approfondire gli aspetti più deteriori dello scontro israelo-palestinese. Ha consentito di dare delle chiavi di lettura molto più ampie rispetto a quelle delle veline dei due fronti impegnati.

E invece, Israele ha distrutto il palazzo dei media, concedendo – come unico passo in avanti – una sola ora di tempo per evitare una strage di cui avrebbe parlato il mondo. Youmna al-Sayed di al-Jazeera ha comunicato che, al momento, l’emittente lavora – in maniera molto limitata, come si può facilmente immaginare – dall’ospedale di Gaza. La posizione del network è chiara, oltre che dura: «Le forze armate israeliane hanno compiuto un atto chiaro per limitare la libertà dei giornalisti di svolgere il proprio lavoro e riferire gli eventi sul campo. Chiediamo a tutti i media e alle istituzioni per i diritti umani di denunciare questo crimine atroce».

Anche il numero uno dell’AP, Gary Pruitt, si è detto sconvolto da quanto accaduto: «Il mondo – dice – sarà meno informato su quello che succede a Gaza». Possiamo concludere con le immagini davvero uniche di quanto avvenuto nelle redazioni in quell’ora di tempo concessa come preavviso. La corsa alla messa in sicurezza dei propri strumenti di lavoro, il recupero degli effetti personali e di materiali che, un giorno, potranno essere considerati storici. Ma che ieri hanno smesso di essere prodotti, almeno in quel modo, almeno in quella sede nel cuore di Gaza:

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