La storia di Ipermilano che, con la realtà artificiale, ha anticipato Google Maps | RAM – La rete a memoria

L'intervista a Marina Bonomi e a Marcella Logli che alla fine degli anni '80, in una tesi alla Statale di Milano, avevano costruito un progetto all'avanguardia

15/06/2022 di Gianmichele Laino

C’era un clima di fermento, alla fine degli anni ’80, nei corridoi della neonata facoltà di Scienze dell’Informazione alla Statale di Milano, fortemente voluta dal professor Giovanni Degli Antoni. Proprio lì si è giocata una partita cruciale nello sviluppo del digitale in Italia. Per questo, con RAM – La rete a memoria, abbiamo cercato di aprire una finestra proprio verso quella direzione. A guidarci sono state due manager affermate, Marina Bonomi e Marcella Logli, laureatesi nell’anno accademico 1988-89 proprio con il professor Degli Antoni. La loro tesi – un modello per gli attenti osservatori dell’evoluzione dell’informatica in tutto il mondo – partiva dal concetto di ipertesto e lo applicava alla componente umana e sociale della città di Milano. Tra quelle pagine, insomma, stava venendo fuori una sorta di antesignano di Google Maps e di Google Earth: IperMilano.

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Ipermilano, come l’ipertesto ha anticipato – in Italia – Google Maps

«Lo studio degli ipertesti – ci ha spiegato Marcella Logli – ha dato modo di offrire una sponda alla nostra ricerca. Si poteva mettere insieme testo in sequenza, grazie al linguaggio Hypercard introdotto sul mercato da Apple Computer nel 1987 (fu poi ritirato dal mercato nel 2004, quando ormai si era affermata un’altra idea di internet, ndr), che aiutava a disegnare pezzi di conoscenze. L’ipermedialità ci consentiva, infatti, di collegare testi, immagini, suoni, video. Ecco, abbiamo immaginato di utilizzare questa tecnologia per descrivere la città di Milano».

Un progetto del genere aveva davvero fatto fare i salti di gioia a un guru dell’informatica come il professor Degli Antoni. E la spinta era stata data da due giovani donne di scienza e di comunicazione: una sorta di eccezione in un ambiente quasi totalmente al maschile. La rarità di vedere delle donne nelle facoltà STEM, purtroppo, è una costante che, ancora oggi, continua a rappresentare una dei punti deboli di tutto l’ecosistema accademico italiano.
«Avevamo impostato il progetto secondo tre viste – ci spiega Marina Bonomi -. La prima vista era quella aerea: dall’alto avevi di fatto il menu di tutta Milano (istituzioni, università, teatri, cultura, negozi) ed era correlato alla mappa interattiva. A mio avviso, si può paragonare a quello che oggi rappresenta Google Maps. La seconda vista era quella naturale o a terra: cliccando sulle varie icone che avevamo realizzato, si passava alla videata con le rappresentazioni fotografiche. È un po’ quello che oggi è Google Earth. Poi, c’era la possibilità di passare da un livello concettuale a un altro: le icone, alcune in inglese e alcune in latino, ci permettevano di accedere alle informazioni su quello che si stava vedendo. Si poteva accedere alle informazioni sul Duomo, sui negozi: questa è la iper-realtà, una sorta di anticipazione del concetto di metaverso».

Gli strumenti di IperMilano

Per realizzare IperMilano, si lavorava nell’ecosistema Macintosh, con gli strumenti che – all’epoca – erano tra i più avanzati in senso assoluto. «Hypercard – ci spiegano Marina Bonomi e Marcella Logli – era il programma che si utilizzava per realizzare gli ipertesti con link a testi, a suoni, a video, creando un flusso logico. Poi abbiamo utilizzato un altro linguaggio di programmazione, il C++, per la simulazione, ad esempio, dell’espletamento di una pratica burocratica nel comune di Milano. Con ProLog, invece, siamo riuscite a creare percorsi cittadini, indicando un luogo di partenza e un luogo di arrivo. Abbiamo costruito, con diversi anni di anticipo, una realtà virtuale».

Diversi anni di anticipo anche sul concetto stesso di internet che, evidentemente, ha semplificato di molto progetti di questo tipo, antenati di quei metaversi di cui si parla tanto in questi ultimi mesi. In quella università Statale di Milano – che per un certo periodo di tempo è stato un vero e proprio laboratorio di incubazione – si stavano costruendo pezzi di futuro.

«L’elemento nuovo è stata sicuramente la riproduzione della realtà artificiale, un preambolo della realtà virtuale – chiude Marcella Logli -: la mappatura di una porzione di realtà veniva rappresentata semanticamente con tutte le interazioni che animavano la città di Milano. Il tutto era reso con una interfaccia grafica user frindly che utilizzava per la prima volta le icone, connettendo mondi diversi, tipologie di informazioni diverse, per diversi tipi di utenza». Ovviamente, in un clima così attivo dal punto di vista intellettuale, c’era la consapevolezza di essere parte della storia del digitale in Italia: «Ipermilano è davvero stata una idea che ha fatto da apripista: il progetto è stato il capostipite di una serie di altri progetti di sviluppo – dice Marina Bonomi – prima realizzati su cd-rom, poi attraverso internet, poi attraverso quelle piattaforme OTT che, ai giorni d’oggi, utilizzano la realtà aumentata».

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