«Influenza americana forte, ma l’asse si sta spostando verso la Cina con TikTok», intervista a Gianluigi Bonanomi

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Gianluigi Bonanomi, autore di un libro sullo sharenting e formatore, ha risposto alle domande di Giornalettismo sulla consapevolezza del fenomeno presso i genitori

Quanta consapevolezza hanno bambini, adolescenti e genitori del fenomeno dello sharenting? Abbiamo cercato di capire da chi si occupa di educazione, formazione e informazione nei settori scolastici e universitari qualcosa in più. La redazione di Giornalettismo si è mossa contattando Gianluigi Bonanomi, giornalista e formatore che gira l’Italia facendo workshop sull’utilizzo di una tecnologia consapevole e che ha scritto il libro “Sharenting. Genitori e rischi della sovraesposizione online”.



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La genesi di un libro sullo sharenting

Si tratta di una tematica di cui si sta iniziando a parlare in maniera meno settoriale da poco, seppure il termine esista già dal 2010: «Ho iniziato a occuparmi di sharenting circa sei o sette anni fa – ha raccontato Bonanomi -. L’interesse è nato dalla mia attività precedente: ero un giornalista informatico e talvolta mi occupavo anche di rischi della rete. Dieci anni fa sono diventato papà e ho iniziato a maturare un interesse verso questo tema anche perché facendo diversi incontri formativi incontravo sempre più genitori che mi facevano domande sul tema».



«Si parla spesso dei rischi che i bambini e i ragazzi corrono su internet, di quanto siano indifesi e sprovveduti, quando invece il focus doveva essere spostato sui genitori. Ho iniziato quindi a fare delle ricerche e a scrivere degli articoli per alcune riviste poi ho avuto l’idea di mettere insieme tutto il materiale e ho scritto il mio libro edito da Mondatori, a cui ho lavorato per circa un anno che è uscito nel 2020. Durante la pandemia il fenomeno dello sharenting si è acuito, era il momento adatto per parlare di questo tema».

«Influenza americana forte, ma l’asse si sta spostando soprattutto verso la Cina»

«È vero che l’influenza americana e inglese è stata forte – spiega l’autore parlando dello sharenting – ma l’asse si sta spostando verso est e soprattutto verso la Cina: uno dei più pericolosi strumenti di sharenting a oggi è TikTok. Il fenomeno comunque ha assunto una portata globale, infatti la Francia sta discutendo una legge per limitarlo». 



«Dal punto di vista legislativo credo sicuramente che dovrebbe esserci un intervento ma sono anche convinto che la vera differenza vera la faccia la cultura digitale e la sensibilità dei genitori e delle istituzioni. Il rischio è che le leggi possano essere aggirate o ignorate», ha riflettuto Gianluigi Bonanomi valutando se fosse più essenziale l’educazione o la legge.

Quei genitori «scettici e poco consapevoli del problema»

Guardare il dito e non la luna: «Le persone sono concentrate sui pericoli della rete per i ragazzi e invece io insisto nel dire che molti dei problemi che riguardano bambini e ragazzi sono causati dall’atteggiamento dei genitori – spiega il giornalista -. I genitori sono scettici e non molto consapevoli del problema. Quando dico, per esempio, che il 50% delle foto trovate nei database dei pedofili derivano da condivisioni scriteriate da parte dei genitori allora iniziano ad alzare le antenne. Faccio vedere loro molti esempi, celebri e meno celebri».

«Per esempio su TikTok c’è la “sfida delle mamme” che prevede di postare tre foto: una durante il parto, una del bambino appena nato e una quando il bambino è cresciuto.  Questo è un fenomeno diffuso che può avere delle conseguenze importanti. Quando mostro questi esempi spesso mi dicono che hanno postato anche loro queste foto o che le hanno viste pubblicate da altri».

«In tutti questi casi non si mette a rischio solo la privacy del bambinosi costruisce la sua identità digitale a piacimento dei genitori con il rischio di metterlo in imbarazzo in futuro. Ci sono anche risvolti legali: un genitore che fa la foto di un gruppo di bambini, per esempio, a un compleanno e la pubblica su Instagram può farlo per quanto riguarda suo figlio ma non per quanto riguarda i figli degli altri perché sta condividendo informazioni personali di figli altrui».

Cultura digitale per la consapevolezza

Gianluigi Bonanomi punta tutto sulla cultura digitale: «Io credo che servano delle iniziative di cultura digitale per aumentare la consapevolezza sia sulle opportunità ma soprattutto sui rischi dell’utilizzo della tecnologia perché vedo che c’è un livello medio basso di consapevolezza e di capacità di utilizzo degli strumenti. Credo che, in generale, nei percorsi sulla genitorialità vada sempre inserito un modulo sulla genitorialità digitale per fare in modo che i genitori possano riconoscere i rischi».

«Da questo punto di vista – inquadra la questione l’autore – è bene che sia la scuola a intervenire, a fare incontri formativi non solo sul cyberbullismo o sulla gestione di strumenti come l’utilizzo delle e-mail o di excel. La scuola deve insegnare a gestire la propria identità digitale, a capire come essere un cittadino digitale e deve infine insegnare a utilizzare bene gli strumenti digitali, che sono solo dei mezzi che possono essere utilizzati molto bene o molto male e che comunque non vanno demonizzati».