Le sfide delle smart city spiegate da un sindaco e da un assessore

Parlano il sindaco di Caserta, Carlo Marino, e l'assessore all'Innovazione Tecnologica di Vibo Valentia, Michele Falduto, per testimoniare cosa fa un'amministrazione per creare una smart city

14/07/2023 di Ilaria Roncone

Quali sono le sfide del digital e della mobilità che devono affrontare le città che ambiscono ad essere smart city in Italia? Nel corso dell’evento The Next Move, organizzato in collaborazione da ParkingMyCar e Fondazione Italia Digitale, sono intervenute alcune cariche istituzionali per spiegare in che modo si muovono le amministrazioni comunali per rendere smart le città.

In particolar modo, al centro del discorso sono finite Caserta (rappresentata dal suo sindaco Carlo Marino) e Vibo Valentia (per la quale è intervenuto l’assessore all’Innovazione Tecnologica Michele Falduto). La sfida che devono affrontare le città del nostro Paese, in Europa e nel mondo è uguale – gli obiettivi sono simili – e diversa – le condizioni di partenza non lo sono – allo stesso tempo.

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Smart city in Italia a prova di cittadino e a prova di turista

L’intervento del sindaco di Caserta all’evento parte sottolineando la fondamentale importanza degli investimenti che lo scorso governo e quello attuale stanno facendo «non solo sul Cloud ma anche sui servizi ai cittadini» poiché «i servizi ai cittadini sono fondamentali e, oggi, si costruiscono attraverso innovazione tech e digitalizzazione». Si parla della necessità di «una lettura e una visione nuova delle nostre città, non solo innovativa ma anche sociologica».

Non si tratta solo di nuove tecnologie, quindi, ma anche del fondamentale rapporto che deve crearsi tra le persone (tutte) e queste nuove tecnologie: «Dobbiamo cambiare anche il modello culturale dei cittadini, non solo quello di fruizione dei servizi». Caserta, per esempio, sta cambiando la mobilità e prevede – entro fine anno – un trasporto pubblico 100% elettrico oltre alla realizzazione di 18 km di piste ciclabili grazie ai fondi del PNRR.».

Si tratta anche di turismo, per cui non basta avere trasporti elettrici e ciclabili, che sono servizi che interessano maggiormente il cittadino: «La Reggia di Caserta è il quarto musei più visitato ogni anno, se non abbiamo un sistema innovativo e tech di visione non possiamo leggere il modello delle città, anche considerata la crescita esponenziale delle nuove forme di mobilità». Concorda anche Michele Falduto, Assessore all’Innovazione Tecnologica di Vibo Valentia: «Il turista non va sull’app del Comune, deve andare su un portale dedicato al turismo e le due cose devono essere distinte. L’Emilia-Romagna andrebbe presa come esempio: non ha un mare come il nostro, ma offre dei servizi che andrebbero copiati, buone pratiche come quel portale del turismo che stiamo creando anche noi». Il punto è che «chiunque voglia venire a Vibo Valentia deve sapere cosa può visitare, come muoversi, le tante cose interessanti da fare e informazioni importanti come la vicinanza a Tropea e i musei. Si possono creare itinerari anche enogastronomici, che sono sempre più valorizzati. Questo è quello che un’amministrazione dovrebbe fare sfruttando il digitale, creare dei percorsi per cui il turista che viene in città sa già che cosa deve fare».

Le sfide della smart city

Con il sindaco Carlo Marino abbiamo cercato di capire quali sono le città in generale – e Caserta in particolare – si trovano ad affrontare sulla lunga strada per la digitalizzazione: «Intanto c’è la lettura nuova del rapporto, la nuova relazione tra il cittadino – la comunità nella sua interezza – e chi deve costruire la nuova visione. È chiaro che l’innovazione tecnologica aiuterà la nuova relazione, il nuovo rapporto e anche la nuova comunicazione istituzionale che dovremo costruire. Anche in come vivranno i cittadini all’interno delle nostre città avranno sicuramente un peso fondamentale l’innovazione tecnologica, la digitalizzazione, le relazioni dei servizi, la costruzione – anche per la nostra città – in grandi investimenti sulla transizione digitale, sulla smart city, sulla rete di infrastrutture digitale, con la fibra al massimo livello. Tutto questo comporta una costruzione di un modello sociale nuovo, la lettura di una società nuova. Questo si può fare soltanto se si mette al centro, con laicità e con un forte senso morale e etico, il tema del digitale».

Un punto fondamentale, come sottolinea il sindaco, è che innovazione tech e consapevolezza dell’innovazione tech devono diffondersi di pari passo: «Nel nostro servizio di politiche sociali – che stiamo provando a portare anche sul piano nazionale – abbiamo un bellissimo progetto, che teniamo come best practice e trasferiamo anche in altre città, quello della digitalizzazione dei nostri anziani. Ci sono tanti giovani che, insieme a noi e a una serie di associazioni, ci aiutano a sostenere la digitalizzazione in chi è nato non digitale. Abbiamo progetti specifici nella nostra amministrazione, anche divertenti e anche piacevoli, e questo aiuta i nostri anziani anche in comunità, a farli stare bene insieme. Nel frattempo gli insegniamo anche cos’è un’app e come possono leggere la città in modo diverso. Questo è fondamentale perché, altrimenti, rischiamo di costruire un modello e che quel modello – da una parte della città – non sia vissuto. Parlarne, dialogare, fare formazione, costruire relazioni sono elementi fondamentali».

Come investire i soldi del PNRR nel modo giusto?

Per rendere le città più digitali e portare ogni territorio a valorizzarsi partendo da ciò che è occorre sapere sfruttare l’enorme opportunità fornita dal PNRR. «Al di là della straordinarietà del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che nasce come un fatto specifico post Covid – ha affermato il sindaco di Caserta – le politiche di coesione – anche quelle del 21-27 – prevedono che Comuni e enti territoriali mettano al centro l’ufficio Europa, devono avere una formazione interna e un’assistenza tecnica che costruisca anche una nuova proposta di investimenti».

Le tasse non bastano secondo il primo cittadino campano: «Noi non possiamo più immaginare di investire sulle nostre città con la spesa corrente, con i soldi che i cittadini ci danno, con le tasse o i tributi. Noi dobbiamo andare a prendere i soldi in Europa o attraverso delle call dirette o attraverso le politiche di coesione nazionali o regionali: ciò significa organizzarsi, strutturarsi e nuove competenze. Occorre anche investire nelle nuove generazioni, su una nuova lettura degli studi e sulle competenze nuove e questo possiamo farlo leggendo l’Europa non solo come burocrazia ma come occasione per poter recuperare investimenti non solo sul tema soldi ma soprattutto sul tema progetti. Quello che le città ancora non riescono a leggere – ed è questa l’esperienza che va portata – è che non si deve lavorare su un singolo intervento ma su un master plan, su un documento delle linee strategiche e sulla strategia generale agisci col singolo intervento mettendolo a rete con le politiche di coesione e col PNRR. Un grande master plan delle città può aiutare anche a leggerle in modo diverso».

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