Bonafede in aula: «La lotta al malaffare farà sempre parte della mia attività politica»

«Ho condiviso fin dall’inizio le preoccupazioni del Parlamento con una serie di interrogazioni e interventi in aula. Le due mozioni di sfiducia contro di me sono in opposizione tra loro» – ha detto Alfonso Bonafede in aula difendendosi dalle due mozioni di sfiducia presentate a Palazzo Madama il 20 maggio. Si è presentato come ministro della Giustizia di un governo di coalizione che dà maggiore importanza al tema proprio in un momento critico come quello della ripartenza post coronavirus. C’è spazio anche sulla riforma della prescrizione, tema molto caro a Italia Viva, il partito della maggioranza più critico verso il ministro della Giustizia e dal cui voto dipende l’esito della giornata di oggi e del futuro del governo di Giuseppe Conte: Bonafede apre alla commissione ministeriale che possa valutarla e che possa rilanciare una riforma del processo penale e del processo civile.

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Intervento Bonafede in aula, la difesa contro le due mozioni di sfiducia

Bonafede ha iniziato con la prima mozione di sfiducia, quella presentata dal centrodestra e che fa riferimento a quanto riferito da Nino Di Matteo a Non è l’Arena sulla questione della mancata nomina ai vertici del Dap. «La vicenda del Dap – ha detto Bonafede – è stata oggetto di dettagliata informativa alla Camera e sono stati dissipati tutti i dubbi sollevati da Nino Di Matteo a una trasmissione televisiva. Erano colloqui informali: contattai Di Matteo per proporgli un ruolo e mi accennò di presunte esternazioni di boss mafiosi preoccupati per una sua eventuale nomina al Dap. Queste esternazioni erano ben note al ministero prima della telefonata con Di Matteo. Ho incontrato il giorno dopo il pm Di Matteo e mi convinsi che l’opzione migliore era quella di proporgli un ruolo equiparabile a quello di Giovanni Falcone: avrei consentito al dottor Di Matteo di lavorare al mio fianco. Avrebbe necessitato più tempo, ma nonostante questo Di Matteo mi aveva chiesto di incontrarlo di nuovo il giorno dopo. Fu in quella sede che Di Matteo mi comunicò di declinare la proposta del giorno prima perché avrebbe preferito il Dap, al quale avevo già assegnato il dottor Basentini. Non ci furono condizionamenti dei boss della mafia: non sono più disposto a tollerare alcuna illazione. Anche Di Matteo lo ha chiarito in una sua successiva intervista a Repubblica».

Intervento Bonafede, la gestione delle carceri nell’emergenza coronavirus

Bonafede è passato poi alla gestione delle carceri nel momento dell’emergenza coronavirus: «Tutte le misure adottate in Italia trovano riscontro nell’autorità sanitaria competente – si difende Bonafede -, nell’interesse di chi lavora, di chi si trova nelle carceri e della collettività tutta. Il 22 febbraio, il dottor Basentini chiedeva il rispetto delle indicazioni del ministero della Salute e veniva istituita una unità di crisi. Sono stati sospesi i colloqui in persona con i detenuti, sono stati controllati gli ingressi, sono stati diffusi gli strumenti di protezione, sono state create tende per il pretriage, sono stati vietati i trasferimenti dei detenuti se non dopo il tampone negativo, sono stati sanificati i locali che hanno ospitato detenuti contagiati o potenzialmente contagiati».

Secondo Bonafede, soltanto 102 detenuti sono risultati attualmente positivi e una sola di queste è ricoverata in una struttura esterna. Sono guarite 122 persone, mentre c’è stato un decesso in carcere e due decessi agli arresti domiciliari. Nova e Giovannitto sono stati gli unici due agenti della polizia penitenziaria che hanno perso la vita per il coronavirus e il Ministro Bonafede ha ricordato la loro storia a Palazzo Madama.

Bonafede ha poi sostenuto che nel Cura Italia mafiosi e boss sono esplicitamente esclusi dalla detenzione agli arresti domiciliari: «In base a quale legge sono usciti dal carcere detenuti condannati per mafia? In base al codice penale del 1930 che stabiliscono il proseguimento della pena in detenzione domiciliare per il loro stato di salute. Questa legge è imputabile a me o al mio governo? I giudici hanno applicato leggi vigenti nella migliore delle ipotesi da 50 anni e mai modificate. La nota del Dap, in piena pandemia, dava al magistrato competente un quadro sanitario esaustivo di tutti i detenuti presenti in carcere in quel momento. In caso di determinate patologie, in virtù di una legge di 20 anni, si prevede questa comunicazione amministrativa che, per sua stessa natura però, non può vincolare la decisione di un magistrato. Non è uno scaricabarile nei confronti della magistratura, ma. il contrario: il rispetto dell’autonomia della magistratura».

Inoltre, Bonafede ha detto che tutti gli scarcerati per le condizioni di salute legate al coronavirus (più di 250 persone), grazie a un provvedimento di questa maggioranza, sono tornate davanti al giudice per la valutazione della propria nuova situazione e il conseguente rientro in carcere per continuare a scontare la propria pena.

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