Mentre l’Europa si interroga, l’Italia vuole investire quasi un miliardo sull’AI

Mentre l'Europa pone sempre più dubbi rispetto allo sviluppo incontrollato dell'intelligenza artificiale, l'Italia sembra voler puntare molto nel settore

04/12/2023 di Ilaria Roncone

Sull’intelligenza artificiale, le sue applicazioni e i possibili rischi si riflette parecchio nel mondo. Dopo un primo periodo di investimenti entusiastici nella novità, ci si è fermati a riflettere sulle possibili conseguenze poco gradite dello sviluppo incontrollato di questo tipo di tecnologie. Il governo italiano vuole una fetta di questa torta e, attualmente, punta a investire quasi un miliardo (circa 800 milioni di euro, sembrerebbe) nell’ambito. Peccato che scelga di farlo, evidentemente, nel momento in cui l’Europa dubita e cerca di tirare il freno (soprattutto per quello che riguarda la violazione dei diritti dei singoli lato privacy e lato autore) con provvedimenti come l’AI Act.

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Intelligenza artificiale in Italia, l’idea di un fondo

Quasi un miliardo per creare un fondo per l’intelligenza artificiale: questo è quello che l’Italia punta ad investire nel settore secondo Alessandro Butti – sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio con delega all’innovazione – che, lo scorso 29 novembre, ha condiviso questa informazione in occasione del convegno “La semplificazione normativa tra presente e futuro” nella città di Roma. Ancora da definire le modalità giuridiche per regolamentare questa somma di denaro.

Il resto uscito dal Parlamento europeo viene giudicato, da alcuni, troppo restrittivo nei confronti di queste tecnologie. Il rischio, secondo chi sposerebbe una linea più morbida, è che le aziende tecnologiche europee avrebbero poco margine di manovra rispetto a quelle statunitensi, finendo automaticamente fuori al mercato. Le aziende europee preoccupate sotto questo punto di vista si sono riunite e hanno fatto presente la cosa tramite Digital Europe.

Per quanto riguarda l’Italia, il nostro Paese – insieme a Germania e Francia – si è impegnato, lo scorso novembre, a fissare una auto-regolamentazione fatta di norme leggere che lo sviluppo delle tecnologie AI dovrebbe rispettare. Il testo europeo, invece, fissa regole molto più rigide per i produttori di AI: maggiore trasparenza, maggiore garanzia di rispetto delle norme sulla privacy e sul copyright.

La preoccupazione di FIMI e del settore musicale

Tra i settori senz’altro più colpiti ci sono quelli creativi e, di conseguenza, il mondo musicale. Tramite una nota la Federazione industria musicale italiana (FIMI, appunto) ha esplicitamente chiesto al governo «di sostenere una regolamentazione equilibrata che, garantendo la trasparenza delle fonti, favorisca lo sviluppo delle tecnologie di intelligenza artificiale, tutelando e promuovendo al contempo la creatività umana originale e tutti i contenuti culturali del nostro Paese». Sono trentaquattro le associazioni di imprese, autori e artisti del panorama italiano che hanno rivolto l’appello al governo italiano. Appello in cui viene chiaramente detto che «è necessario un quadro di regole chiare ed efficaci che l’autoregolamentazione non può garantire».

L’appello è stato fatto in vista del Trilogo del 6 dicembre, che vedrà come ordine del giorno il negoziato per approvare l’AI Act. La stessa cosa è avvenuta – come sottolinea FIMI nel comunicato stampa che ha diffuso in merito – in Francia e in Germania. L’obiettivo comune è quello di vedere concretizzata l’opposizione delle associazioni di questi tre Paesi sul regolamento europeo in discussione, giudicato molto più efficace di una qualsiasi auto-regolamentazione.

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