Perché gli influencer sono stati equiparati agli editori?

Nelle linee guida si fa riferimento al Tusma e ad alcuni articoli specifici della legge del 2021

11/01/2024 di Enzo Boldi

Il Tusma, una sorta di Costituzione dei media audiovisivi (che un tempo comprendevano solamente radio e tv), è il testo di riferimento delle pratiche lecite e illecite all’interno di questo sempre più vasto ecosistema. Da qui, vista la recente decisione dell’Agcom con le sue nuove linee guida per fornire un punto di partenza a un codice di condotta specifico per il mondo dei content creator italiano, è nata l’inevitabile parallelismo che – di fatto – diventerà sempre più strutturale: gli influencer sono come gli editori. Alla loro stessa stregua, con eguali doveri.

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Non viene detto esplicitamente nella comunicazione pubblicata mercoledì 10 gennaio 2023 dall’Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni, ma il sillogismo è pressoché scontato. Se due tipologie di professionalità differenti sono chiamate a rispettare stesse linee guida e stessi impianti normativi (al netto del codice penale e civile che, su carta, è uguale per tutti), è evidente come queste due stesse professionalità siano considerate come sovrapponibili. Soprattutto perché nella consultazione pubblica su queste linee guida, che risale al luglio scorso, si fa riferimento a moltissimi articoli del Tusma che rappresentano la base fondamentale (anche in termini di sanzioni per eventuali violazioni) dell’Italia dell’audiovisivo.

Influencer come editori, il Tusma e le mosse Agcom

Attenzione, però: qui non si parla di piattaforme identificate come editori, ma di personaggi pubblici (almeno sui social) che corrispondono – oramai – a quello stesso identikit di norme e doveri che da anni pendono sulle teste degli editori (radiotelevisivi e non solo). Nello specifico, nella Relazione AIR (Analisi di impatto della Regolazione) che ha accompagnato la consultazione pubblica del luglio 2023, si fa riferimento ad alcuni articoli (dieci) specifici del Tusma che, ora, anche i content creator dovranno rispettare per non incappare in sanzioni già previste per gli editori.

Il linguaggio

Oltre ai primi due articoli, che definiscono l’ambito d’azione del Testo Unico dei Servizi di medi audiovisivi (Decreto legislativo 208/2021), ci sono i riferimenti a 4 articoli che fanno riferimento alla sfera di ciò che può essere pubblicato e come può essere pubblicato. Un tempo solamente in tv e in radio, oggi – al netto delle altre norme di riferimento sull’hate speech, per esempio, o a quelle comunitaria come il DSA (dove, però, viene data responsabilità di monitoraggio alla piattaforma) – anche al singolo content creator che opera su una piattaforme social.

E si parte dall’articolo 30, che si occupa, per l’appunto, di contenuti che contengono linguaggio dell’odio nei confronti di un soggetto o di una comunità:

«Istigazione alla violenza o all’odio nei confronti di un gruppo di persone o un membro di un gruppo sulla base di uno dei motivi di cui all’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea o in violazione dell’art. 604-bis del codice penale». 

Si prosegue con l’articolo 37 che si occupa di ciò che non può essere mandato in onda (oggi possiamo dire “che può essere pubblicato”) in riferimento alla salvaguardia di un pubblico più sensibile (quindi minorenne):

«Le trasmissioni dei servizi di media audiovisivi e delle emittenti radiofoniche non contengono programmi che possono nuocere allo sviluppo fisico, psichico o morale dei minori o film vietati ai minori di anni quattordici».

E si parla, citando l’articolo 38 che rientra tra le linee guida di Agcom sugli influencer, delle eventuali sanzioni che la stessa Autorità potrà commisurare in base a un’eventuale violazione dei precedenti articoli.

«Nei casi di inosservanza dei divieti di cui all’articolo 37 nonché di violazione delle disposizioni a tutela dei minori contenute negli articoli 30, 31 e 43, l’Autorità, sentito il Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione media e minori, previa contestazione della violazione agli interessati ed assegnazione di un termine non superiore a quindici giorni per la presentazione di documentazione e osservazioni, tenuto conto della gravità del fatto e delle conseguenze che ne sono derivate nonché della durata ed eventuale reiterazione delle violazioni, applica la sanzione amministrativa da euro 30.000 a euro 600.000».

E c’è spazio anche per l diffusione di messaggi positivi relativi ai valori dello sport. Anche questo rientra nel computo della sovrapposizione degli influencer come editori, considerando il fatto che si tratta di uno dei tempi (con particolare riferimento al calcio) più dibattuti all’interno dell’ecosistema social:

«I fornitori di servizi di media audiovisivi e radiofonici e le emittenti televisive e radiofoniche, nei programmi sportivi e nelle trasmissioni sportive, specialmente se riguardanti lo sport del calcio, sono tenute all’osservanza di specifiche regole, individuate con codice di autoregolamentazione recepito con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Presidente del Consiglio dei ministri […] anche al fine di contribuire alla diffusione tra i giovani dei valori di una competizione sportiva leale e rispettosa dell’avversario, per prevenire fenomeni di violenza o di turbativa dell’ordine pubblico legati allo svolgimento di manifestazioni sportive». 

Dunque, nella prima parte di questa sovrapposizione si parla, perlopiù, di linguaggi comunicativi: sui social network, gli influencer e i content creator devono seguire le stesse regole di radio e tv. Come dice il Tusma. Quindi, il paradigma degli influencer come editori.

Il capitolo delle pubblicità

Ma non c’è solamente questo. Ampio spazio del Testo Unico, infatti, è relativo alla pubblicità e alle comunicazioni commerciali. Prima le regole del Tusma erano relative solo a radio e tv, oggi anche ai contenuti che gli influencer pubblicano sui loro profili. Parliamo degli articoli 43, 46, 47, 48 che vanno a toccare diverse sfere che possiamo sintetizzare in un piccolo elenco di divieti. I content creator non possono pubblicizzare

  • alcolici rivolgendosi ai minorenni;
  • medicinali;
  • prodotti a base di nicotina (o similari);
  • utilizzo di droghe;
  • gioco d’azzardo;
  • abuso di bevande alcoliche.

Inoltre, si sottolinea come la comunicazione debba essere trasparente e palese (come gli hashtag #adv). Se ci pensiamo bene, si tratta di un qualcosa che già esisteva prima, anche con le norme comunitarie.

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