In Lettonia la presidente della federatletica è una «dopata»

27/11/2018 di Enzo Boldi

Non è mai successo che un condannato si sia buttato in politica per rappresentare il proprio Paese. Anzi, no. Allora, non è mai capitato che un condannato per frode sportiva frequenti i salotti del dibattito calcistico per parlare e sentenziare sul mondo del pallone. No, ecco, anche questo esempio non è calzante. Sta di fatto che in Lettonia si è aperto un caso diplomatico attorno all’ex campionessa di salto in lungo Ineta Radevica, ora presidente della Federazione di Atletica del Paese sul Mar Baltico, ma trovata positiva agli esami antidoping alle Olimpiadi di Londra 2012.

Un caso che ha diviso l’opinione pubblica lettone e che ha lasciato sbigottiti gli appassionati di atletica leggera. La donna, che ha abbandonato la pista e la sabbia proprio all’indomani dei Giochi Olimpici londinesi di sei anni fa, è risultata positiva all’oxandrolone – uno steroide sintetico anabolizzante – effettuati al termine della gara di salto in lungo a cinque cerchi, chiusa con il quarto posto finale con la misura di 6.88, a un centimetro dal bronzo conquistato dalla statunitense Janay DeLoach.

Ineta Radevica positiva all’oxandrolone a Londra 2012

In attesa delle controanalisi – che, in caso di conferma di positività sarebbe la terza squalifica per doping in quella finale olimpica dopo quelle della russa Anna Nazarova e della bielorussa Nastassia Siarheyeuna Mironchyk-Ivanova – Ineta Radevica, oggi 37enne, è diventata a furor di popolo la presidente della Federazione di Atletica Leggera lettone. Una carica di primo piano per una donna che, a quelle Olimpiadi di Londra del 2012, era stata fortemente voluta come portabandiera della Lettonia.

 

 

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Radusies situācija man ir ārkārtīgi nepatīkama. Es nodarbojos ar vieglatlētiku no agras bērnības un esmu veltījusi tai sevi visu. Kopš manas sportistes karjeras beigām pagājis jau ilgs laiks, tomēr tā joprojām saglabā svarīgu vietu manā sirdī. Visas savas karjeras laikā, es vienmēr esmu bijusi pret neatļautu vielu lietošanu un stingri iestājos pret neatļautām vielām sportā arī šobrīd, tapēc notikušais man ir īpaši nepatīkams. Kaut gan apzināti neesmu lietojusi aizliegtus medikamentus, es saprotu, ka tas neatbrīvo mani no atbildības par notikušo, tāpēc pašlaik daru visu, kas manos spēkos, lai sadarbotos ar speciālistiem un visām iesaistītajām pusēm. Tas, ka jaunie atklājumi analīzēs attiecas uz notikumiem pirms tik daudziem gadiem, šobrīd būtiski apgrūtina iespēju aizstāvēties, jo ne visi tā laika ārstēšanās un medikamentu dokumenti un paraugi ir saglabājušies. Neatkarīgi no visa notikušā un apstākļiem svarīgākais man šobrīd ir ģimene. Pašlaik esmu trešā bērna gaidībās un tagad mana prioritāte ir mana un vēl nedzimušā mazuļa veselība, tapēc centīšos saglabāt mieru arī šajos apstākļos un ļoti lūdzu Jūsu sapratni. Paldies visiem, kuri mani ir atbalstījuši un atbalsta. Foto: Aivars Vētrājs

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Dall’oro europeo del 2010 alla portabandiera ai Giochi olimpici

Un pasticcio per il mondo dello sport (in generale) che, però, rischia di avere gravi ripercussioni soprattutto perché – come scrive Ineta Radevica sul suo profilo Instagram – sarà difficile replicare alle accuse a sei anni di distanza da quella gara olimpica. Per ora, nella sua formidabile carriera, restano l’oro nei campionati Europei di Barcellona nel 2010 e l’argento mondiale l’anno seguente a Daegu, in Corea del Sud. Oltre all’accusa di doping che infangherebbe – con tanto di effetto cascata sulla sua vita professionale lontano dalle piste – il suo modo di diffondere lo sport in Lettonia e non solo.

(foto di copertina: foto dal suo profilo Facebook)

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