Il coraggio di Chloe

Chloe non ha ancora 18 anni. Ma ha un sogno: studiare Medicina e diplomarsi con il suo nome. Già, perché Chloe è nata sotto un altro nome, maschile. Ma lei, crescendo, si è sentita sempre più una ragazza. E in questo percorso, lungo, non sempre facile, del cambio sesso, fortunatamente ci sono i suoi genitori. La ragazza si è presentata ieri accompagnata da mamma e papà dai genitori e dall’avvocato bolognese Cathy La Torre, che la sostengono e hanno avviato con lei la causa civile, per ottenere dal giudice di Tempio Pausania l’autorizzazione al cambio di genere. La Sardegna si porta avanti quindi nella strada dei diritti civili. Anche per chi non ha ancora compiuto la maggiore età.  «Una richiesta è stata Frosinone, l’altra a Roma, e poi c’è questa in Sardegna. Il giudice è stato meraviglioso, ha ascoltato i genitori», ci ha raccontato La Torre. In questo caso la famiglia stessa si è interessata per la ragazza. Hanno fatto loro ricorso per chiedere il cambio genere.

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La disforia di genere è una condizione che può impattare sulla salute di una persona. In questo caso i genitori agiscono di difesa della loro ragazza, proprio per tutelare il suo benessere. Chloe ha seguito un percorso al S.A.I.F.I.P. che si occupa della disforia tra minori. È stata seguita dalla Asl, ha seguito due anni di terapia al San Camillo di Roma dove c’è un centro che si occupa appositamente di disforia per minori. «È stata necessaria anche una pronuncia della Commissione bioetica dell’azienda sanitaria di Olbia e poi della neuropsichiatria», ha spiegato La Torre. Ora l’ultima parola spetta al tribunale. La giovane vorrebbe iniziare la sua nuova vita con il nome di Chloe, iniziare gli studi con una carta di identità, un nome che la rispecchi davvero per quella che è realmente. L’avvocato La Torre, ex consigliere comunale di Bologna, attivista Lgbt e da anni nel Movimento identità transessuale (Mit), è ottimista. Era presente all’udienza e sono stai momenti veramente toccanti.

«Il giudice ha ascoltato sia i genitori che lei. È stato molto emozionante», ci ha raccontato La Torre. Con la voce rotta e una delicatezza estrema mamma e papà hanno raccontato tutte le difficoltà iniziali, lo sconforto al principio e il loro bene primario: la salute di Chloe, la sua felicità, vengono prima di tutto. Supportati da psicologi e neuropsichiatri sono riusciti in questa impresa. Anche perché la disforia impatta su ogni cosa. anche sul quotidiano. «Ad esempio – spiega Cathy La Torre – loro hanno raccontato dei problemi durante un viaggio all’estero. Alla dogana possono fermarti, perché vedono sulla carta di identità generalità differenti rispetto a quelle reali della persona». Chloe ha un blog in cui racconta questa avventura, ha creato rete, lei, grande piccola tra quelli piccoli come lei. Per non lasciare nessuno indietro. Per non far sentire nessuno solo. In Italia manca una cultura che possa aiutare famiglie e ragazzi.  «Oggi i ragazzi in transizione sono sempre di più. Al S.A.I.F.I.P sono una sessantina, noi al Mit ne abbiamo una ventina. Ci scrivono, ci raccontano le reazioni dei genitori. Molti aspettano la maggiore età per cambiare. Avere dei genitori che ti supportano è una fortuna».

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