Il caso Intersos: quando il complottismo ingrassa il portafogli

24/11/2011 di John B

Nel 2002, abbiamo accettato di ricostruire ed ampliare un ospedale nel quartiere periferico Khair Khana di Kabul. Date le difficoltà del dopo guerra sapevamo che non sarebbe stato facile, ma abbiamo ritenuto doveroso farlo. L’ingegnere, l’architetto e il geometra da noi scelti erano persone con pluriennale esperienza sia in Italia che all’estero. La ricostruzione rientrava nella programmazione dell’agenzia delle Nazioni Unite UNFPA, con un finanziamento della Cooperazione Italiana. Il progetto, iniziato il 15 agosto 2002, è stato realizzato con la quotidiana supervisione di un consulente tecnico dell’UNFPA. La congruità dei costi e la qualità dei lavori, materiali e attrezzature sono state controllate dall’UNOPS, ufficio delle N.U. per i progetti, che ha provveduto ai pagamenti per stati di avanzamento verificati. Alla fine dei lavori, nel maggio 2003, l’ospedale è stato ispezionato dal dipartimento costruzioni del Ministero della salute afgano. Una nuova ispezione è stata effettuata nel maggio 2004, allo scadere dell’anno di garanzia contrattuale, da una commissione molto più ampia. Dopo di che, è stato rilasciato il certificato finale di consegna lavori. Il compito di Intersos terminava e la struttura ritornava nelle mani del Ministero della salute, con il sostegno dall’UNFPA. Purtroppo, l’assoluta mancanza di manutenzione, l’incuria dei locali e delle attrezzature, le carenze gestionali e alcune gravi modifiche e alterazioni hanno prodotto il progressivo degrado della struttura. Lo scorso aprile sono ritornato a visitare l’ospedale e ho potuto verificare che in otto anni non è mai stata fatta alcuna minima manutenzione e riparazione e molte apparecchiature sono in disuso. Una constatazione dolorosa. I medici con cui ho parlato hanno affermato che i fondi per le manutenzioni e le riparazioni non arrivano.

Ma qual è la relazione con Massimo Mazzucco?
Naturalmente, è stato facile scaricare le responsabilità su Intersos, UNFPA e UNOPS con l’accusa di non aver lavorato bene e perfino di avere intascato parte dei finanziamenti italiani per l’intervento. Alcuni media hanno ripreso la ‘notizia’. Il Guardian ha messo nel proprio sito il filmato di un giornalista freelance che, pur avendo da noi ricevuto tutte le informazioni richieste, ha mantenuto, in forma ambiguamente orchestrata, lo ‘scoop’ contro Intersos. Tale filmato è stato ripreso da alcuni blog su You Tube, compreso quello del signor Mazzucco che l’ha inquadrato con un pezzo dal titolo “Intersos: tutto sdegno e niente arrosto”.
Abbiamo proceduto per le vie legali, dato il grave danno di immagine che ne risultava per la nostra organizzazione. Il Guardian e You Tube hanno rapidamente preso atto della scorrettezza e hanno ritirato o oscurato il filmato, mentre Massimo Mazzucco ha continuato a mantenerlo finché ha potuto e ha tenuto sempre vivo lo ‘scoop’. Abbiamo fatto presente l’infondatezza dell’accusa, rimandando a quanto pubblicato sul nostro sito e invitandolo a seguire l’esempio degli stessi Guardian e You Tube. Il signor Mazzucco ha sempre rifiutato, da due anni, incurante del danno che ci sta procurando. Infatti, chi cerca Intersos in un motore di ricerca, dopo la nostra pagina istituzionale trova quella di Mazzucco che presenta Intersos “tutto sdegno e niente arrosto”. Un comportamento che riteniamo molto scorretto oltre che lesivo.

Avete intentato una causa giudiziaria contro Mazzucco?

Certo. Nel 2009, dopo il rifiuto a ritirare il falso ‘scoop’, abbiamo citato il signor Mazzucco in giudizio presso il Tribunale di Roma.

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