Perché è giusto che la polemica tra Arcilesbica e trans passi in secondo piano rispetto all’approvazione del DDL Zan

C’era una volta una guerra, la guerra della comunità LGBTQ+. In questa sigla si racchiude la ricchezza di questo gruppo di persone, che comprende lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, queer, intersessuali e tutte quelle categorie di persone che – per ragioni legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere – non fanno parte dell’eteronormatività e del mondo diviso in uomini e donne. Perché, seppure unite sotto una sigla, ci sono categorie nella comunità LGBTQ+ che – in questo momento storico in cui l’unione è più importante che mai – si fanno la lotta? Vediamo cosa sta succedendo tra Arcilesbica e trans in merito al DDL Zan.

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La polemica tra Arcilesbica e trans è sulle parole

Per certi versi può sembrare una barzelletta, per altri restituisce la quantità di problematiche e la complessità all’interno della comunità LGBTQ+, ma la lotta sul testo del DDL Zan – la legge contro l’omotransfobia – si basa su una parola. Il conflitto tra Arcilesbica e trans è basato sul fatto che il sesso possa o meno essere certificato in base alla percezione: per le componenti dell’associazione in difesa dei diritti delle donne lesbiche la parola “donna” ha una valenza incancellabile che, invece, la comunità trans vorrebbe spazzare via. Per le persone transessuali il sesso non è quello assegnato alla nascita ma è quello che ci si sente dentro e questo prende il nome di identità di genere. Le donne trans vogliono essere riconosciute come donne in tutto e per tutto. Il fulcro della questione, quindi si basa sull’utilizzo della parola “identità di genere” nel testo del DDL Zan. Secondo Arcilesbica la parola dovrebbe essere tramutata in identità transessuale.

La guerra contro l’omotransfobia non può essere fermata dall’interno

Se è vero che, come dice la maggioranza delle associazioni LGBTQ+, abbiamo un «testo migliorabile, ma che costituisce un grande passo avanti», è altrettanto vero che questo testo lo si aspetta da troppo tempo e c’è il rischio di «bloccare una legge di grande importanza civile per un termine», che «sarebbe un grande passo indietro e, comunque, eventuali modifiche possono essere fatte in sede di discussione in Parlamento e in commissione» – come hanno sottolineato Giuditta Pini e Rosa Maria Di Giorgi, deputate del PD -. Ricordiamoci che è la guerra per ottenere la punibilità della violenza verbale e fisica di tutti – di tutte le lettere che fanno parte della sigla – ed è un noi contro loro, non un noi contro noi. Ci sarà tempo per gli aggiustamenti, tutti quelli che saranno ritenuti necessari dalle varie associazioni che rappresentano ognuna delle lettere della sigla. Ora, però, è il momento di fare fronte compatto.

 

 

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