I lati oscuri di chi ha scelto di intraprendere la carriera da influencer

Chiunque vorrebbe sperimentare il brivido di fare l'influencer. Ma pochi conoscono i rischi che si celano dietro questa professione

22/07/2022 di Clarissa Cancelli

Ti piacerebbe diventare un influencer di successo? Se si ponesse loro questa domanda, la maggior parte dei ragazzi e delle ragazze di oggi probabilmente risponderebbe di sì. Ma perché? Perché intraprendere questa carriera potrebbe portare inevitabilmente ad avere molta visibilità, a essere riconosciuti per strada, a essere le figure di punta per pubblicità, a essere invitati in show televisivi o in trasmissioni radiofoniche. E tutto facendo solo ciò che si ama fare: dare consigli su come truccarsi, su come vestirsi, quali posti visitare e perché, quali trend seguire e quali no, e così via. Oltre alla possibilità di fare passare e veicolare messaggi importanti: quante campagne per i diritti prendono spunto o acquistano visibilità grazie ai social? Molte (purtroppo o per fortuna).

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I lati oscuri di chi fa l’influencer

Tuttavia, come spesso accade, anche fare l’influencer ha i suoi lati oscuri. Come si legge su The Next Web, dietro l’apparenza di una vita leggera e appassionante, si nascondono un reddito precario, una disuguaglianza salariale basata su sesso, razza e disabilità e problemi di salute mentale. Circa un anno fa, anche Chiara Ferragni, che su Instagram conta quasi 28 milioni di follower, ha dichiarato nelle sue storie di vedere regolarmente uno psicologo: «Ho fatto tanto lavoro su me stessa, ho cercato sempre di affrontare le mie paure e di capire pian piano la mia mente e da cosa certi meccanismi siano scaturiti – aveva spiegato -. Negli ultimi tre anni mi sono poi fatta uno dei regali più grandi per capirmi: vedo uno psicologo una volta alla settimana, esperienza che consiglio a tutti». Tutti possono farcela e diventare influencer, ma spesso la fortuna gioca brutti scherzi e bisogna fare i conti con la realtà. In una relazione dell’aprile 2022, il Dipartimento per il digitale, la cultura, i media e lo sport di Londra ha identificato la disparità retributiva come una questione chiave nel settore degli influencer. Esistono differenze salariali in base a genere, razza e disabilità. I divari retributivi sono soprattutto sperimentati da disabili e creatori di contenuti LGBTQ+. Il rapporto del DCMS ha rilevato anche una “pervasiva mancanza di sostegno e protezione occupazionale”. La maggior parte degli influencer sono lavoratori autonomi, che spesso sperimentano un reddito incoerente e una mancanza di protezione che invece viene determinata dal lavoro a tempo indeterminato (come il diritto all’indennità di malattia e alle ferie). Come viene scritto su The Next Web, «sono spesso costretti a valutare il proprio valore e a determinare le tariffe per il proprio lavoro. Di conseguenza, i creatori di contenuti spesso sottovalutano il proprio lavoro creativo e molti finiscono per lavorare gratuitamente». Oltre al fatto che sono completamente alla mercé degli algoritmi in un continuo gioco che li spinge alla ricerca di visibilità, tanto da non riuscire più a determinare cosa sia lavoro e cosa sia vita privata. In fine, non deve essere assolutamente trascurato il rischio che l’esposizione costante sui social può comportare: abusi, minacce, body shaming, stalking. Sono tutti pericoli che possono compromettere in modo drastico la vita di una persona. E il fatto che quella persona sia un influencer, non significa che abbia meno diritti a essere tutelata o che abbia una sensibilità meno spiccata rispetto agli altri. Dunque qualsiasi scelta comporta delle conseguenze. E, purtroppo, quando si parla di social dove tutto si crea e tutto si trasforma, molte di queste possono essere negative.

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