Il governo di Hong Kong ha ritirato formalmente la legge sull’estradizione in Cina. Dopo 5 mesi di proteste

23/10/2019 di Enzo Boldi

Dopo l’annuncio arrivato lo scorso 4 settembre, il governo di Hong Kong ha fatto il passo formale e ufficiale, ritirando la tanto contestata legge sull’estradizione in Cina. Proprio a causa di quel provvedimento (ma non solo) dal mese di giugno per le vie della città regna in caos con manifestazioni quotidiane contro il governo guidato da Carrie Lam e con una repressione sanguinosa di chi protestava. Ma la mossa potrebbe non bastare a chi è sceso in piazza.

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La legge sull’estradizione a favore della Cina è stata, dunque, ritirata formalmente nella giornata di oggi, mentre dagli Stati Uniti trapelano notizie sulla probabile decisione di sostituire Carrie Lam alla guida del governo di Hong Kong dopo che alcune sue avventate decisioni – soprattutto nella gestione dei temi e dell’emergenza – hanno provocato manifestazioni che sono degenerate in atti violenti e a una repressione ancor più violenta ai danni dei manifestanti.

Hong Kong ritira la legge sull’estradizione

La decisione del governo annunciata a inizio settembre (a 6 mesi dalla prima lettura da parte del parlamento e a 8 mesi dall’annuncio del progetto), non sembra poter placare il tono delle proteste a Hong Kong. Perché se tutto è nato da quella legge sull’estradizione a favore della Cina, le manifestazioni si sono poi trasformate in un qualcosa di più grande, su altri temi e sul senso della democrazia di cui si sentono privati moltissimi cittadini, proprio per via del rapporto di dipendenza dallo Stato centrale.

Le richieste della piazza

Tra le tante richieste fatte dai manifestanti c’è anche quella del suffragio universale, oltre alla richiesta di maggiore democrazia nel processo decisionale di Hong Kong. Insomma, manifestazioni anti-governative e, soprattutto, contro la Cina e il controllo totale sulla vita dei cittadini.

(foto di copertina: Liau Chung-ren/ZUMA Wire)

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