Le critiche al Nobel Handke, difensore di Milosevic: «Parlavo da scrittore e non da giornalista»

11/10/2019 di Redazione

Il premio Nobel per la letteratura 2019 a Peter Handke (quello 2018 è andato invece alla scrittrice ‘verde’ Olga Tokarczuk) è un riconoscimento abbastanza controverso. Ieri è circolata molto una dichiarazione di Handke che aveva chiesto che questo premio venisse abolito. Oggi, qualcuno ha ricordato come la sua attività letteraria e il suo pensiero siano stati fortemente caratterizzati dall’elogio della Serbia di Slobodan Milosevic.

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Handke negazionismo e le posizioni sulla Serbia

In effetti, i trascorsi di Handke rispetto alla questione serba non sono dei più rassicuranti. Oltre ad aver decantanto la forza serba scaturita dalla guerra nell’ex Jugoslavia nel suo libro Un viaggio d’inverno tra i fiumi Danubio, Sava, Morava e Drina, non pronunciò nemmeno una parola di condanna nei confronti del genocidio serbo nei confronti degli albanesi del Kosovo, bollò come un atto imperialista l’intervento della Nato, pronunciò un’orazione funebre nel giorno del funerale del dittatore Milosevic.

Inevitabile, dunque, che dopo il riconoscimento, i giornalisti si siano concentrati su questo aspetto: «Le mie non erano posizioni politiche, d’altronde sono uno scrittore e non un giornalista – ha affermato Peter Handke ai giornalisti che lo hanno raggiunto presso la sua casa di Chaville, un sobborgo di Parigi -. C’è stato molto rumore quando ho scritto in maniera diversa della guerra civile in Jugoslavia. Posso capirlo».

Le critiche a Peter Handke per il suo presunto negazionismo

Anche sulla sua partecipazione al funerale di Milosevic Peter Handke è stato tranchant: «È un crimine? Non credo. La mia natura è quella di scrittore: ci provo a cambiarla ogni giorno, ma non è semplice». Poi, ha dichiarato di non voler tornare più sull’argomento. Inevitabili, dunque, i malumori nei confronti dell’accademia di Svezia che ha scelto di attribuire questo riconoscimento così importante a uno scrittore controverso. Ma le motivazioni del premio Nobel non riguardano il suo pensiero sulla Serbia, ma per «un lavoro influente che con ingegnosità linguistica ha esplorato la periferia e la specificità dell’esperienza umana».

Tuttavia, non si può cancellare la sua posizione su episodi crudeli di questa stessa esperienza umana. Si pensi ad esempio alla sua idea dell’olocausto di Srebrenica, vicina al negazionismo. Successivamente, smentì quella ricostruzione. Ma le sue parole sono rimaste come una sorta di marchio sulla sua successiva produzione intellettuale.

Photo: DANIEL MAURER/dpa

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