Gramellini sul prete che ha cantato Bella Ciao in chiesa: «Come se un politico baciasse rosari a un comizio»

26/11/2019 di Redazione

Farà discutere moltissimo il tradizionale Il Caffè che Massimo Gramellini scrive ogni mattina per il Corriere della Sera. L’articolo, che si intitola Bella Ciaone, parla della scelta di don Massimo Biancalani, il parroco che, domenica scorsa, ha scelto di intonare il canto partigiano al termine della messa. L’articolo di Massimo Gramellini si basa esclusivamente su questo fatto, ma non sulle ragioni che hanno spinto il sacerdote a fare questa scelta. Don Biancalani, parroco di Vicofaro nel Pistoiese, si è sempre distinto per l’accoglienza di migranti e, per questo motivo, è stato travolto da feroci critiche.

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A Gramellini non piace che don Biancalani abbia cantato Bella Ciao in chiesa

Ultimamente, ha permesso ad alcuni migranti di dormire all’interno della chiesa, rispondendo a un precetto evangelico di accoglienza e di apertura delle porte ai più deboli. La scelta non è stata molto apprezzata dalla sua comunità che, nella maggior parte dei casi, ha preferito non frequentare più la sua chiesa.

Da qui, la scelta di don Biancalani di intonare Bella Ciao al termine della liturgia, come un canto di resistenza nei confronti degli insulti e nei confronti delle cattiverie che ha subito nel corso degli ultimi mesi. Massimo Gramellini, invece, sceglie di concentrarsi esclusivamente sul gesto in sé, che – lo si intuisce senza nemmeno troppo sforzo – non gli è piaciuto.

Il paragone di Gramellini tra don Biancalani e Salvini

Secondo il giornalista e scrittore, cantare Bella Ciao in una chiesa non è tanto una profanazione, quanto una «appropriazione indebita». Inoltre, fa un paragone con quanto fatto da Matteo Salvini in campagna elettorale: «Come se un politico baciasse madonne e rosari durante un comizio (questo forse qualcuno lo ha fatto)» – ha scritto Gramellini.

Infine, il giornalista invita don Biancalani ad andare a cantare Bella Ciao in una cattedrale di Hong Kong perché intonare un canto partigiano all’interno di una chiesa si può fare soltanto dove in altri luoghi è proibito. Il riferimento è alla repressione delle proteste nel protettorato di Pechino, dove il regime comunista di Xi Jinping ha scelto di esercitare – attraverso la governatrice Carrie Lam – il pugno duro contro i manifestanti.

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