E se fosse Donald Trump a “costringerci” a rivedere il nostro Piracy Shield?
Cloudfare e Google (e altre 81 aziende americane che si occupano di CDN e VPN) hanno chiesto al governo USA di intervenire
12/11/2024 di Enzo Boldi

Cosa c’entra l’appena eletto (per la seconda volta) Presidente degli Stati Uniti con il futuro della piattaforma anti-pirateria in Italia? Per il momento nulla, ma il vecchio/nuovo numero uno della Casa Bianca potrebbe avere un ruolo fondamentale nella revisione/sospensione dello scudo anti-pirateria italiano. Questa è, almeno per il momento, la speranza che hanno Amazon, Google e Cloudfare nel loro “contenzioso” aperto contro il sistema Piracy Shield. Ma anche quelle di molte altre aziende d’oltreoceano che offrono servizi CDN, Cloud e VPN in tutto il mondo.
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Che il sistema non funzioni – oltre ad avere dei costi elevatissimi – è una cosa nota a quasi tutti, tranne che ad Agcom e a quella politica che ha approvato una legge per “arginare” internet senza conoscere minimamente il funzionamento di internet. E proprio queste lacune del sistema, secondo le grandi aziende americane, rischiano di rendere invivibile l’ecosistema digitale, rappresentando anche una minaccia per il commercio e per la tenuta della rete.
Google e Cloudfare chiedono al governo USA di intervenire sul Piracy Shield
La denuncia è contenuta all’interno di un documento inviato allo United States Trade Representative. La lettera è firmata dalla I2Coalition (Internet Infrastructure Coalition), la grande e potente associazione di cui fanno parte oltre 81 grandi aziende del mondo tech americano. Tra cui, per l’appunto, Google, Cloudfare e Amazon. Ma cosa c’è scritto in questa missiva che passerà al vaglio delle Commissioni americane?
«Anziché affrontare le gravi preoccupazioni legate al blocco eccessivo di siti web innocenti e alla mancanza di meccanismi di ricorso nel Piracy Shield, l’Italia ha ampliato il programma. Le commissioni Bilancio e Finanze del Senato italiano hanno approvato proposte di legge modificate che impongono ai servizi VPN e DNS situati in qualsiasi parte del mondo di bloccare i contenuti pirata segnalati dai titolari dei diritti. Questi requisiti ampi e generalizzati, ora in vigore, potrebbero interrompere indiscriminatamente i servizi globali e l’accesso a Internet senza un’adeguata supervisione e sono in contrasto con le norme internazionali. Il blocco imposto dallo scudo anti-pirateria ha avuto un impatto negativo sia sui fornitori di rete che sulle aziende statunitensi, i cui siti web sono stati bloccati in modo inappropriato a causa delle inadeguate misure di protezione dell’Italia. Il sistema non solo ha provocato frustrazioni tra gli utenti e i cloud provider, ma ha anche indotto alcuni fornitori di VPN a smettere di operare in Italia a causa degli onerosi requisiti dello Scudo anti-pirateria».
Di fatto, si segnala ufficialmente al governo americano tutto il grande caos provocato dalla piattaforma e dal sistema Piracy Shield vigente nel nostro Paese. E si sottolinea come le ultime modifiche – che sono già diventate legge ed entreranno in vigore all’inizio del 2025 – andranno addirittura a peggiorare una situazione già pessima. Di fatto, dunque, si tratta di una richiesta d’intervento diretto da parte del governo americano.